La giurisdizione apparente nel Centro per il rimpatrio di Torino

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La lettura dei decreti emessi nel 2022/2023 dal Giudice di Pace di Torino in un nuovo rapporto realizzato da avvocati e studenti che hanno verificato l’operato della pubblica amministrazione e delle difese nel CPR di Torino confermando la generale resistenza al recepimento dei principi affermati dalla Corte di cassazione.

A sette anni dal primo rapporto dell’Osservatorio sulla giurisprudenza del Giudice di Pace di Torino in materia di trattenimento amministrativo una nuova indagine conferma le gravi carenze già denunciate nel 2017: nell’83% dei decreti di convalida e nel 78% di quelli di prima proroga, il Giudice si limita ad accogliere la richiesta della Questura senza offrire alcuna argomentazione, nemmeno nei casi in cui la difesa motiva la propria opposizione. Il 64% delle udienze di convalida non supera i dieci minuti di durata, il 35% non raggiunge i cinque.

La ricerca ha ad oggetto lo studio quali-quantitativo dei fascicoli relativi alle procedure di convalida e proroga del trattenimento all’interno del Centro di Permanenza per il Rimpatrio (C.P.R.) “Brunelleschi”, di competenza del Giudice di Pace di Torino. L’osservazione è stata svolta nel corso dell’anno 2023 ed è relativa ai trattenimenti disposti nel 2022 (835) e nei primi mesi del 2023 (103), sino alla chiusura del C.P.R. all’inizio di marzo del 2023. 

La mancata motivazione dei provvedimenti di convalida e proroga del Giudice di Pace di Torino trova conferma anche nella giurisdizione della Corte di Cassazione. Le circa 150 pronunce della Suprema Corte riguardanti i provvedimenti dell’autorità torinese, emesse tra il 2020 e il 2023, descrivono una giurisprudenza ancora assopita, incapace di garantire effettività alla tutela del diritto alla libertà degli stranieri.

Su tutti, spicca un dato: su 75 ricorsi in cui veniva contestata l’assenza della motivazione, in ben 53 pronunce (vale a dire nel 70% dei casi) la Corte cassava il decreto del Giudice di Pace di Torino perché viziato da una motivazione apparente, quella cioè “recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento” (Cass., SU, n. 22232/16). Quando non del tutto priva di argomentazioni, la Corte rilevava che in 18 casi non raggiunge nemmeno la soglia del cd. minimo costituzionale. A ciò si aggiungono altre 6 pronunce di annullamento per omessa pronuncia, in quanto “il giudice di pace per nulla ha fatto luogo ad una approfondita disamina logico – giuridica, tale da lasciar trasparire il percorso argomentativo seguito (cfr. Cass. 21.7.2006, n. 16672)” (Cass., n. 19617/23).

Le severe censure del Giudice di legittimità descrivono efficacemente il sonno della giurisprudenza locale e il costante ricorso a formule di stile: “la convalida è stata decisa con provvedimento immotivato, reso all’esito dell’udienza, alle ore 10,53, del seguente tenore: “Il Giudice convalida”. Cinque minuti dopo, alle 10,58, il Giudice di pace aggiunge una nota motivazionale, in parte prestampata, dalla quale si ricava esclusivamente che sussistono i requisiti di cui al D. Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, artt. 13 e 14, senza neppure indicare quale sia, tra i tanti elencati nell’art. 13, il motivo di espulsione (…) Né il giudice di pace prende in esame in alcun modo, anche solo per disattenderle, le allegazioni del ricorrente – svolte anche a verbale – circa l’esistenza di ragioni di avvicinamento familiare. La motivazione risulta essere, pertanto, ampiamente al di sotto del “minimo costituzionale” (Cass. Sez. U. nn. 8053 e 8054/2014; Cass. n. 25216/2014; Cass. n. 9253/2017; Cass. Sez. U n. 17619/2017; Cass. n. 16611/2018)” (Cass., n. 18227/22).

Le medesime carenze vengono evidenziate in relazione ai provvedimenti riguardanti la proroga del trattenimento: “Nel caso di specie, la convalida della proroga del trattenimento è stata decisa con provvedimento immotivato, reso all’esito dell’udienza, del seguente tenore: “Il Giudice dispone la proroga di giorni quindici” e seguito da una nota motivazionale, in parte prestampata, dalla quale si ricava esclusivamente che sussistono i requisiti di cui al D. Lgs. n. 286 del 1998, art. 14, comma 5, né il Giudice di pace prende in esame in alcun modo, anche solo per disattenderle, le allegazioni del ricorrente – svolte anche a verbale circa l’esistenza di ragioni di inespellibilità e di rischio in caso di rientro in patria a causa di attacchi militari nella zona di provenienza” (Cass., n. 18939/22).

Anche nei casi in cui la difesa motiva la propria opposizione la Corte di cassazione “evidenzia l’apparenza della motivazione, atteso che il giudice di pace non prende in esame le allegazioni del ricorrente svolte anche a verbale e trascritte in ricorso, circa l’insussistenza di una ragionevole prospettiva di allontanamento dal territorio nazionale, stante il lungo periodo già trascorso in attesa della documentazione identificativa e la reiterazione del trattenimento in ragione del medesimo decreto di espulsione oltre il termine massimo consentito se non per affermarne, in maniera apodittica e laconica, l’inconferenza” (Cass., n. 18937/22).

La Suprema Corte stigmatizza, così, una giurisprudenza balbettante, spesso muta, incapace di prendere posizione e di sanzionare i vizi dell’operato della pubblica amministrazione. La lettura dei decreti emessi nel 2022/2023 dal Giudice di Pace di Torino conferma la generale resistenza al recepimento dei principi affermati dalla Corte di cassazione.

I due ambiti in cui l’orientamento dell’Ufficio ha fatto registrare un revirement – il rifiuto della seconda proroga in assenza degli elementi concreti ai fini dell’identificazione e il rifiuto di convalida o proroga in caso di manifesta illegittimità del provvedimento presupposto adottato sulla base di una fattispecie erronea – rappresentano approdi tardivi e parziali, in un contesto ancora profondamente segnato da elementi patologici: l’estrema brevità delle udienze, la limitata istruttoria, l’abituale ricorso a formule seriali e standardizzate senza alcun riferimento individuale nonché la mancata 33 considerazione delle deduzioni difensive. Adempimenti minimi, oltre che “elemento essenziale di ogni decisione di carattere giurisdizionale” (Cass., SU, n. 1093/47), ancora assenti in molti provvedimenti esaminati, sebbene “l’omissione di qualsiasi motivazione in fatto e in diritto costituisce una violazione di legge di particolare gravità”.

Di questa gravità, e della sofferenza che comporta, sono intrise le pagine di questo resoconto.

Il progetto è stato condotto dalla Dr.ssa Carolina Di Luciano e dagli avvocati/te Carla Lucia Landri, Irene Pagnotta, Giovanni Papotti e Maurizio Veglio. Inoltre, hanno collaborato alla raccolta dei dati Giulia Actis Alesina, tesista in Sociologia del Diritto, Emanuele Massara e Arturo Valpreda, studenti del Dipartimento di Giurisprudenza aderenti al progetto “Dallo studio alla ricerca” promosso dalla Prof.ssa Valeria Ferraris. La ricerca è stata condotta in virtù dell’autorizzazione alla consultazione dei fascicoli concessa dal Presidente del Tribunale di Torino, Giudice Dr. Villani, e grazie alla collaborazione della Presidente della sezione specializzata in materia di immigrazione, protezione internazionale e libera circolazione dei cittadini dell’Unione europea, Giudice Dr.ssa Dotta, dell’Università di Torino e della cancelleria dell’ufficio del Giudice di Pace di Torino, Dr.ssa Fino, Dr.ssa Fiore, Dr.ssa Gallo e Dr.ssa Orlandini, senza la quale l’attività non sarebbe stata possibile.

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