ASGI : E’ un passo avanti nella direzione giusta, ma non è sufficiente: queste strutture devono essere chiuse perché violano la Costituzione e le norme internazionali e della UE.
Anche dopo l’avvenuta approvazione della legge europea 2013-bis che riduce ad un massimo di 90 giorni del periodo di trattenimento nei centri di identificazione e di espulsione (CIE) degli stranieri destinatari di provvedimento di respingimento o di espulsione da eseguirsi con accompagnamento alla frontiera e migliora la disciplina dei presupposti del trattenimento, ASGI continua a richiedere la chiusura di queste strutture che violano gravemente la Costituzione, le norme internazionali e la Direttiva 2008/115/CE sul rimpatrio degli stranieri in condizione di soggiorno irregolare.
Le criticità dal punto di vista giuridico riguardano, tuttavia, l’intero sistema di detenzione degli stranieri in Italia.
La gravità delle violazioni riscontrate e che indichiamo di seguito, impone un urgente intervento legislativo che riformi la disciplina legislativa dei provvedimenti amministrativi di respingimento e di espulsione, degli allontanamenti e dei trattenimenti per renderla conforme alle norme vigenti comunitarie e internazionali, anche per evitare prevedibili procedure di infrazione della direttiva comunitaria, procedure di risarcimento dei danni da ingiusta detenzione (già verificatesi), sentenze della Corte europea dei diritti dell’uomo (come quelle che hanno dichiarato illegittimi i provvedimenti italiani di respingimento disposti in mare o nei porti) e inevitabili sentenze della Corte costituzionale.
In sintesi le violazioni :
1) il respingimento disposto dal Questore nei confronti dello straniero che si trova sul territorio italiano al di fuori dei valichi di frontiera (art. 10, comma 2 d. lgs. n. 286/1998) viola completamente l’art. 13 Cost. perché è disposto in casi indicati dalla legge in modo non tassativo ed è eseguito con accompagnamento immediato alla frontiera e dunque è misura coercitiva disposta in via ordinaria dall’autorità di pubblica sicurezza senza neppure alcun controllo dell’autorità giudiziaria;
2) uno dei presupposti dei provvedimenti amministrativi di espulsione disposto dal Prefetto è la revoca del permesso di soggiorno, la quale però è provvedimento disposto dal Questore in tutti i casi (e non solo allorché vi siano motivati pericoli per l’ordine pubblico e la sicurezza nazionale) senza aver preventivamente consentito di difendersi allo straniero che era regolarmente soggiornante, come invece impone l’art. 1 del protocollo n. 7 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, ratificato e reso esecutivo in Italia dalla legge 9 aprile 1990, n. 98;
3) il provvedimento amministrativo di espulsione è eseguito con accompagnamento alla frontiera in un numero così elevato e generale di ipotesi che si rende di fatto del tutto residuale la modalità di esecuzione del provvedimento espulsivo con la concessione all’espulso di un termine per un rimpatrio volontario, che invece la Direttiva UE prevede come modalità ordinaria;
4) il provvedimento amministrativo di espulsione nei casi di ingresso o soggiorno irregolare è disposto dal solo Prefetto e in via ordinaria è eseguito con accompagnamento alla frontiera: si tratta di misura limitativa della libertà personale che invia ordinaria è disposta dall’autorità di pubblica sicurezza, il che però viola la riserva di giurisdizione prevista dall’art. 13 Cost. che attribuisce tali provvedimenti al solo giudice e soltanto in casi eccezionali (non in casi ordinari) lo consente all’autorità di pubblica sicurezza;
5) analogamente anche il provvedimento di accompagnamento alla frontiera è disposto dal solo Questore, che ne deve chiedere la convalida al giudice di pace nelle successive 48+48 ore, viola la riserva di giurisdizione prevista dall’art. 13 Cost. che attribuisce tali provvedimenti al solo giudice e soltanto in casi eccezionali (non in casi ordinari) lo consente all’autorità di pubblica sicurezza
6) le norme italiane non prevedono, come invece prevede la direttiva UE, casi e modi per sospendere l’adozione o l’esecuzione dell’allontanamento alla frontiera;
7) la legge italiana non prevede affatto, come invece prevede la direttiva UE, che il trattenimento sia adottabile soltanto nei casi in cui non vi siano in concreto misure diverse e alternative meno coercitive per consentire comunque l’accompagnamento alla frontiera: l’ordinamento italiano al rovescio prevede come misura ordinaria il trattenimento, perché i presupposti delle misure alternative al trattenimento (obbligo di dimora, consegna del passaporto, obbligo di presentazione alla forza pubblica) sono sostanzialmente così onerosi e difficili da verificarsi che in concreto sono difficilmente applicabili;
9) la legislazione italiana prevede che il primo periodo di trattenimento è disposto con provvedimento adottato dal solo Questore, salva successiva convalida del giudice di pace, il che però viola la riserva di giurisdizione prevista dall’art. 13 Cost., perché il potere è dato in via ordinaria (e non in casi eccezionali) alla sola autorità di pubblica sicurezza invece che al giudice;
10) la legislazione italiana non prevede precise garanzie previste dalla direttiva: non consente al giudice di disporre una revisione del trattenimento anche prima del termine previsto per i successivi periodi di proroga, non prevede espressamente (malgrado alcune pronunce della Corte di Cassazione) che anche il giudizio sulla proroga avvenga nel contraddittorio tra le parti e consentendo allo straniero di essere sentito e difeso da un avvocato
11) i giudizi concernenti i provvedimenti espulsivi, di allontanamento e di trattenimento dei cittadini extracomunitari spettano ad un giudice onorario (il giudice di pace, peraltro sempre meno diffuso sul territorio nazionale), anziché ai magistrati ordinari di carriera (come invece è previsto per i provvedimenti di allontanamento dei cittadini dell’UE e per i provvedimenti sui cittadini extracomunitari concernenti il diritto d’asilo e il diritto all’unità familiare) o al più ad un’apposita sezione specializzata del tribunale ordinario che potrebbe conoscere di tutti i provvedimenti concernenti gli stranieri e in più al giudice di pace la legge, in violazione dell’art. 110 Cost., fornisce l’ausilio non già delle strutture del Ministero della giustizia, bensì di quelle del Ministero dell’Interno;
12) le condizioni del trattamento degli stranieri trattenuti nei C.I.E. sono in gran parte disciplinate da norme non legislative, mentre l’art. 13 Cost. prevede un riserva di legge assoluta sui “modi” di limitazione della libertà personale, sicché per migliorare la situazione interna ai centri – le cui condizioni igienico-sanitarie e di accoglienza spesso rasentano la violazione del divieto di trattamenti inumani e degradanti previsto dall’art. 3 della convenzione europea dei diritti dell’uomo – occorrono nuove norme legislative e non norme regolamentari o direttive ministeriali o bandi per le prestazioni che devono assicurare gli enti gestori dei C.I.E.
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