Asilo e immigrazione: critiche e proposte dell’ASGI sulla riforma del processo civile

Tipologia del contenuto:Analisi giuridica//Pubblicazioni

La nota dell’Associazione per gli Studi Giuridici sull’Immigrazione in merito alle dichiarazioni del ministro della Giustizia Andrea Orlando.

 

Il Ministro della Giustizia, Andrea Orlando ha presentato in diverse sedi istituzionali una ipotesi di riforma del processo civile per la trattazione dei ricorsi in materia di “protezione internazionale” e dei giudizi in materia di immigrazione (anche comunitaria).
Pur in mancanza di un testo normativo da analizzare, che ancora non è stato reso pubblico dal Ministero, ASGI ritiene doveroso proporre una breve analisi delle proposte ministeriali, rilevando forti criticità nei confronti di un progetto che, se realizzato, comporterebbe la certa violazione delle norme nazionali ed europee in materia di tutela dei richiedenti asilo e dei cittadini stranieri.

In particolare ASGI critica i presupposti da cui parte il Ministero, ritenendo  incostituzionale la proposta di eliminare la possibilità di ricorrere in appello nei confronti delle decisioni del Tribunale in materia di procedimenti per il riconoscimento della protezione internazionale. Questa scelta, soprattutto se accompagnata alla modifica del rito con la sostituzione del rito sommario di cognizione con il giudizio camerale di volontaria giurisdizione, appare in netto contrasto con la Costituzione (artt. 3, co. 1, 10, co. 3, 24, co. 2 e 111, co. 1, Cost.).

Il numero, pur in aumento, delle cause relative alla protezione internazionale non può, di per sé, giustificare la radicale riforma voluta dal Ministro della giustizia, perché l’aumento incide in termini contenutistici su un sistema di per sé critico, per ovviare al quale non può essere sacrificato il diritto di difesa relativo ad un diritto fondamentale, mentre occorre insistere su altri tipi di riforma.

ASGI, riportando le parole della Corte costituzionale, ricorda che un modello processuale che non “sia tale da assicurare il rispetto del principio del contraddittorio, lo svolgimento di un’adeguata attività probatoria, la possibilità di avvalersi della difesa tecnica, la facoltà della impugnazione – sia per motivi di merito che per ragioni di legittimità – della decisione assunta, la attitudine del provvedimento conclusivo del giudizio ad acquisire stabilità, quanto meno “allo stato degli atti” sarebbe irragionevole e comporterebbe sia la violazione del diritto di difesa sia la violazione della regola del giusto processo garantita dall’art. 111, primo comma, Cost.” (Corte Costituzionale, 29.05.2009,  n. 170. In senso conforme Corte Cost., ord. n. 19 del 2010).

Una riforma del giudizio in materia di protezione internazionale che eliminasse l’udienza e la comparizione personale del richiedente/ricorrente secondo ASGI sarebbe contraria anche al diritto europeo : infatti assegnerebbe al giudizio relativo alla protezione internazionale una mera funzione di controllo cartolare dell’esame svolto dalla Commissione territoriale.La video registrazione dell’audizione in sede amministrativa del richiedente asilo costituirebbe, scrive ASGI, “una misura inidonea a garantire le regole del giusto processo e che utilizzerebbe una prova formata dalla Amministrazione, senza che al ricorrente/richiedente asilo sia consentito di eccepire violazioni anche rispetto alle tecniche con le quali si è svolta l’audizione”.

D’altra parte ciò sarebbe aggravato dalla mancata riforma del sistema amministrativo di decisione sulle domande di protezione internazionale e dal mantenimento della collocazione dell’organo amministrativo decisionale all’interno del potere esecutivo (i presidenti della Commissione nazionale per il diritto d’asilo e delle Commissioni territoriali sono, infatti, dirigenti prefettizi e tali organi sono inseriti all’interno del Ministero dell’Interno).

Il sistema così delineato”, continua ASGI nella nota, “sarebbe, peraltro, in contrasto con le direttive europee e con la giurisprudenza di legittimità italiana, che richiedono che la decisione giudiziale sia presa sulla base dei dati e degli elementi acquisiti dal magistrato al momento della decisione e non già al momento delle dichiarazioni rilasciate dal richiedente in fase amministrativa (cfr. art. 46 della Direttiva 2013/32/UE)”.

Anche l’ipotesi di utilizzo dei giudici onorari dei tribunali per supportare il lavoro dei giudici togati e la volontà di determinazione di orientamenti e prassi uniformi ai quali i giudici avrebbero l’obbligo di uniformarsi “viola palesemente l’indipendenza della magistratura, di cui all’art. 101 della Costituzione, secondo cui i giudici sono soggetti soltanto alla legge, in quanto mira ad imporre orientamenti conformi, a prescindere dal libero convincimento del singolo magistrato”.
Quanto alla istituzione di alcune sezioni specializzate che dovrebbero decidere del contenzioso in materia di protezione internazionale e di diritti del cittadino straniero, ciò comporterebbe un incomprensibile aumento del carico del ruolo solo su 12 Tribunali, con un evidente difficoltà all’esercizio del diritto di difesa da parte della persona straniera; tale misura, inoltre, “potrebbe condurre ad una vera e propria “ghettizzazione processuale” delle materie indicate, di fatto rendendo ufficiale ciò che spesse volte già avviene nei Tribunali, ovvero la marginalizzazione delle questioni giuridiche e delle persone straniere”.
ASGI conclude la nota auspicando che il Ministero abbandoni l’idea di riforma ipotizzata e che apra un sereno confronto democratico su questi temi, rendendo pubblico il testo completo delle norme su cui potere discutere e che, prima di ogni decisione, si arrivi ad un progetto organico di riforma del sistema.

Al fine di migliorare l’attuale situazione ASGI presenta inoltre alcune proposte che – abbandonato il progetto di riforma ipotizzato, a seguito di una corretta analisi delle cause delle migrazioni in Europa ed a seguito di una adeguata formazione in materia di diritto dell’immigrazione e dell’asilo di tutti gli attori coinvolti – si assumano decisioni che portino ad un equo processo in materia di trattamento del cittadino straniero. Ciò che non può prescindere, almeno, da:

a) la radicale riforma del sistema decisionale in sede amministrativa delle domande di protezione internazionale;

b) sempre in materia di protezione internazionale, lo spostamento della competenza giudiziaria dai tribunali dei capoluoghi di distretto di corte di appello ai tribunali del luogo in cui il richiedente asilo ha il suo domicilio, ai sensi dell’art. 5, d.lgs. 142/2015;

c) la previsione di una giurisdizione unica in capo all’autorità giudiziaria ordinaria, individuata nel tribunale ordinario, per tutte le decisioni concernenti le forme di tutela avverso i provvedimenti della P.A. riguardanti la condizione giuridica dello straniero;

d) la sospensione dell’efficacia esecutiva dei provvedimenti della P.A, in caso d’impugnazione tempestiva;

e) l’effettivo accesso al patrocinio a spese dello Stato per i soggetti bisognosi, senza distinzione in base alla cittadinanza;

d) la previsione generalizzata del contraddittorio obbligatorio con la persona interessata prima dell’adozione di provvedimenti negativi in tema di ingresso e soggiorno degli stranieri in Italia.

 

La nota dell’ASGI “C’è ancora un Giudice a Berlino? Sulla ipotesi di riforma del processo civile per la trattazione dei ricorsi in materia di “protezione internazionale” e dei giudizi in materia di immigrazione (anche comunitaria) “

 

Per approfondire

Diritto d’asilo, c’è ancora un giudice a Roma?

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