L’Italia riveda la decisione di classificare l’Egitto come “paese di origine sicuro”

Argomenti:Egitto
Tipologia del contenuto:Notizie

Considerato lo spaventoso bilancio dell’Egitto in materia di diritti umani, questo paese non può soddisfare i criteri per essere definito “sicuro”. Ed è noto che le autorità egiziane cercano attivamente di compromettere le possibilità di coloro che si trovano in esilio per ragioni politiche di ottenere protezione internazionale all’estero.

Quarantuno organizzazioni della società civile* esprimono profonda preoccupazione per la decisione dell’Italia di classificare la Repubblica araba d’Egitto come “paese di origine sicuro”, ai sensi del decreto legislativo n. 25/2008, comma 2-bis. Le organizzazioni esortano il governo italiano a rendere pubblici i criteri seguiti nella valutazione dell’Egitto e a riconsiderare la decisione.

Il 7 maggio 2024 i ministeri degli Affari esteri, dell’Interno e della Giustizia hanno emanato un decreto che aggiorna e amplia l’elenco dei paesi di origine sicuri per i richiedenti protezione internazionale. L’elenco è passato da 16 a 22 paesi, includendo Bangladesh, Camerun, Colombia, Egitto, Perù e Sri Lanka, con conseguenze molto problematiche per le persone richiedenti asilo provenienti dai paesi della lista, uno strumento che in ultima analisi limita le tutele legali e l’accesso all’asilo.

L’inclusione dell’Egitto tra i paesi di origine ritenuti sicuri dall’Italia è motivo di profonda preoccupazione in quanto mette seriamente a rischio la possibilità per le persone egiziane richiedenti asilo di ottenere protezione internazionale. La decisione, tuttavia, non appare sorprendente se la si interpreta alla luce dell’attivismo dell’Italia, nell’ultimo decennio, nel rafforzare i legami tra l’Egitto e l’Unione europea attraverso iniziative nel campo della cooperazione di polizia e della gestione delle frontiere.

In Italia, la procedura standard di protezione internazionale prevede una serie di garanzie per la persona richiedente, tra cui il diritto di rimanere legalmente sul territorio fino alla valutazione della domanda. Le domande di coloro che provengono da “paesi di origine sicuri”, invece, sono sottoposte a procedure accelerate, caratterizzate da tempi stretti sia per la Commissione territoriale, che è l’autorità competente per l’esame delle domande di protezione internazionale, sia per la presentazione dei ricorsi all’autorità giudiziaria in caso di rigetto.

Inoltre, aumenta la probabilità che la domanda venga dichiarata manifestamente infondata se la persona richiedente non adduce motivi sufficientemente “seri” nella sua particolare situazione per ritenere non sicura la sua permanenza nel paese di origine. Infatti, è ragionevole supporre che per dichiarare “un paese di origine sicuro”, la situazione in tale paese sia stata valutata in modo tale da considerare infondate le richieste di protezione internazionale provenienti da quel paese.

Ai sensi del Decreto legislativo n. 25/2008 (D.Lgs. 25/2008), “uno stato non appartenente all’Unione europea può essere considerato “un paese di origine sicuro” se, sulla base del suo ordinamento giuridico, dell’applicazione della legge all’interno di un sistema democratico e della situazione politica generale, si può dimostrare che, su base generale e coerente, non vi sono atti di persecuzione, come previsto dall’art. 7 del D.Lgs. 25/2008. 7 del D.Lgsl. 251/2007, né tortura o altre forme di punizione o trattamento inumano o degradante, né pericolo dovuto a violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale”.

Considerato lo spaventoso bilancio dell’Egitto in materia di diritti umani, questo paese non può soddisfare i criteri per essere definito “sicuro”, in particolare per quanto riguarda la persecuzione delle persone dissidenti e la diffusione della tortura. Piuttosto, la decisione di classificarlo come “paese di origine sicuro” lascia aperti diversi interrogativi su come la valutazione effettuata abbia potuto portare a riconoscere l’Egitto come tale.


panorama di un cielo serale coperto per metà da una rete

Diritti umani in Egitto: necessaria un’azione risoluta

 La comunità egiziana per i diritti umani sta soffrendo un “annientamento” da parte del governo del presidente Abdel Fattah al-Sisi: più di 100 importanti organizzazioni per i diritti umani di tutto il mondo lanciano l’allarme in una lettera ai ministri degli esteri. (2021)


Dal 2013, il governo del presidente Abdel Fattah al-Sisi ha violato diversi obblighi previsti dalla Convenzione contro la tortura e altre pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti. Le forze di sicurezza hanno eseguito uccisioni di massa di manifestanti nella più completa impunità; abusi fisici come atti di tortura inflitti dalle forze di sicurezza statali, condizioni di detenzione disumane equiparabili ad atti di tortura rimangono una routine nei luoghi di detenzione. Le autorità hanno continuato a eseguire condanne a morte e a emettere sentenze capitali dopo processi di massa e gravemente iniqui. Per anni, le autorità hanno sottoposto a torture e maltrattamenti persone a causa del loro orientamento sessuale e della loro identità di genere, reali o percepiti. Persone rifugiate e richiedenti asilo vengono periodicamente deportati dall’Egitto in luoghi dove c’è il rischio di tortura. Inoltre, nell’ottobre 2023 una coalizione di organizzazioni internazionali ed egiziane ha riferito al Comitato delle Nazioni Unite contro la tortura che l’uso della tortura da parte delle autorità egiziane è così diffuso e sistematico da costituire un crimine contro l’umanità.

Solo nel 2023, le autorità egiziane hanno scarcerato 834 prigioniere/i politici/che ma nello stesso anno hanno imprigionato 2504 critici o oppositori del governo e si sono rifiutate di liberare 251 detenuti che avevano ricevuto ordini di scarcerazione provvisori emessi da un giudice o da un pubblico ministero, o che avevano completato la loro pena.

La decisione di considerare l’Egitto come “paese di origine sicuro” potrebbe avere ripercussioni drammatiche sulle persone richiedenti asilo, le cui domande verrebbero esaminate con una procedura accelerata da parte della Commissione territoriale di una durata fino a nove giorni, con un rischio significativo di rigetto di tutti i casi considerati manifestamente infondati. Le persone richiedenti le cui domande sono ritenute manifestamente infondate o respinte con la procedura accelerata (salvo non si tratti di una procedura di frontiera correlata) non hanno il diritto di rimanere in Italia mentre fanno ricorso. È più probabile che gli esami accelerati si concludano con un rigetto, soprattutto quando la persona richiedente non è in grado di corroborare il proprio caso con prove adeguate, compresa la documentazione rilasciata dal paese d’origine.

È noto che le autorità egiziane cercano attivamente di compromettere le possibilità di coloro che si trovano in esilio per ragioni politiche di ottenere protezione internazionale all’estero, negando loro il diritto di ottenere i documenti dall’Egitto in assenza di personale dell’ambasciata, in particolare per quanto riguarda i documenti di identificazione, le sentenze di condanna e altri documenti che potrebbero supportare le richieste di asilo.

Poiché l’ampliamento della lista dei paesi di origine sicuri riguarda alcune delle nazionalità che arrivano in maggior numero in Italia (come Bangladesh ed Egitto), il riconoscimento di questi specifici paesi come tali sembrerebbe strumentale all’apertura di centri di trattamento extraterritoriali in Albania. Il governo Meloni ha recentemente firmato un controverso accordo con l’Albania affinché queste strutture, di fatto centri di detenzione, ospitino persone migranti e richiedenti asilo prelevate in mare dalle navi militari e della Guardia costiera italiana. Alcuni centri in territorio albanese potrebbero essere destinati a richiedenti asilo provenienti da paesi di origine “sicuri” che verrebbero quindi indirizzati verso procedure di valutazione rapide, come ha sottolineato la giudice ed esperta di diritti umani Silvia Albano.

Le organizzazioni firmatarie sollecitano il governo italiano e i ministeri direttamente coinvolti in questa decisione, ovvero Affari esteri, Interno e Giustizia, a rendere note e a pubblicare le valutazioni alla base dell’inserimento dell’Egitto nella lista dei paesi di origine sicuri, dettagliando le condizioni che hanno permesso tale decisione, come recentemente richiesto attraverso l’interrogazione parlamentare n. 5-02379 del 15 maggio 2024.

Infine, chiedono alla Commissione europea di valutare se la procedura italiana per la designazione di un “paese di origine sicuro” sia conforme al diritto dell’Unione europea, anche per quanto riguarda i criteri e la gamma di informazioni rilevanti prese in considerazione.


Organizzazioni firmatarie:

A Buon Diritto

AMERA International

Amnesty International Italia

ARCI

Association for Juridical Studies on Immigration (ASGI)

Cairo Institute for Human Rights Studies

Comitato Pace e Diritti Circondario Imolese

Committee for Justice

Comunità Papa Giovanni XXIII

coordinamento nazionale comunità d’accoglienza

DAWN

E.L. Foundation

Egyptian Front for Human Rights

Egyptian Human Rights Forum (EHRF)

EgyptWide for Human Rights

EuroMed Rights

From the Sea to the City

Greek Council for Refugees (GCR)

HIAS Greece

Human Rights Watch

HuMENA for Human Rights and Civic Engagement

I Have Rights

Inter Alia

International Rescue Committee Italy

International Service for Human Rights (ISHR)

Mediterranea Berlin e.V.

MEDITERRANEA Saving Humans

Middle East Democracy Center (MEDC)

Mimetis migration research

Moving Cities

Osservatorio permanente sulle armi leggere – OPAL

ReCommon

Refugees in Libya

Refugees Platform in Egypt (RPE) منصة اللاجئين في مصر

Sinai Foundation For Human Rights

Station to Station 2 Agosto

Tesserae urban social research

The Tahrir Institute for Middle East Policy (TIMEP)

Un Ponte Per ETS

UNIRE (Unione Nazionale dei Rifugiati ed Esuli)

Yoga and Sport with Refugees


Foto di Павел Гавриков da Pexels

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