La scheda dell’ASGI sul divieto dell’uso della forza per l’identificazione delle persone straniere

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Scheda pratica aggiornata al 14 dicembre 2014

Da più parti giungono interrogativi in ordine all’obbligo di sottoporsi all’identificazione da parte di cittadini stranieri, specie se richiedenti protezione internazionale. Parallelamente ci si chiede se le Forze dell’ordine possano ricorrere all’uso della forza nei confronti di chi si rifiuta.
Questa breve scheda intende rispondere ad entrambi i quesiti nell’auspicio di fornire indicazioni chiare ed esaurienti.

La scheda pratica dell’ASGI sull’ “Identificazione dei cittadini stranieri da parte delle forze di polizia e il divieto dell’uso della forza per i rilievi foto-dattiloscopici”

 

 

Premessa 

Da più parti giungono interrogativi in ordine all’obbligo di sottoporsi all’identificazione da parte di cittadini stranieri, specie se richiedenti protezione internazionale, e, parallelamente, se le Forze dell’ordine possano ricorrere all’uso della forza nei confronti di chi si rifiuta.  

Questa breve scheda intende rispondere ad entrambi i quesiti nell’auspicio di fornire indicazioni chiare ed esaurienti.  

A) I DIVERSI TIPI DI IDENTIFICAZIONE  

A1) Ogni cittadino straniero o apolide che presenta una domanda di rilascio o di rinnovo di un permesso di soggiorno è sottoposto presso gli uffici della questura a rilievi fotodattiloscopici1.  

A2) Ogni cittadino straniero o apolide di età non inferiore a 14 anni deve essere sottoposto al rilevamento delle impronte digitali di tutte le dita quando ha presentato una domanda di asilo o quando è fermato dalle competenti autorità a seguito dell’attraversamento irregolare via terra, mare o aria della frontiera italiana in provenienza da un paese terzo e non sia stato respinto (artt. 4 e 8 regolamento (CE) N. 2725/2000 del Consiglio dell’11 dicembre 2000 che istituisce l’«Eurodac»). In ogni caso questo rilevamento deve avvenire secondo le procedure previste da ogni Stato e non si prevede alcuna forma di coercizione fisica in caso di rifiuto, anche perché – come si illustrerà più oltre – ai fini della determinazione dello Stato competente ad esaminare la domanda di asilo, in mancanza delle impronte digitali, sono sufficienti anche altri tipi di prove o di indizi espressamente indicati nell’allegato II del regolamento di esecuzione (UE) n. 118/2014 della Commissione del 30 gennaio 2014 . Peraltro il richiedente asilo ha sempre l’obbligo di consegnare i documenti in suo possesso pertinenti ai fini della domanda, incluso il passaporto (art. 11, comma 1 d. lgs. n. 25/2008) e di produrre alle autorità tutta la documentazione necessaria a motivare la sua domanda, inclusi i suoi documenti di identità e di viaggio (art. 3, commi 1 e 2 d. lgs. n. 251/2007). 

A3) il cittadino straniero regolarmente soggiornante è tenuto ad esibire il passaporto od altro documento di identificazione e il permesso di soggiorno o altro documento attestante la regolarità della presenza in Italia, se richiesto da ufficiali o agenti di pubblica sicurezza.  

In caso di inottemperanza è prevista una sanzione penale, ma è escluso l’arresto immediato. Il cittadino straniero sarà processato a piede libero.  

Quindi, in caso di rifiuto, il cittadino straniero può essere privato della sua libertà personale solo per poche ore ed esclusivamente a scopo di identificazione.2  

A4) qualsiasi cittadino straniero può essere sottoposto a rilievi foto-dattiloscopici e segnaletici “qualora vi sia motivo di dubitare della identità personale”.3 –  

E’ utile ricordare che se chi controlla è un agente in borghese deve prima qualificarsi, mostrando il tesserino di riconoscimento : se non lo fa nessuno è tenuto ad eseguire i suoi ordini. 

Per prevenire ogni tipo di irregolarità è sempre consigliabile, in caso di controllo, chiedere il tesserino di identificazione, segnare la targa dell’auto, scrivere il nome degli agenti o ufficiali che interrogano o fanno il verbale, e chiedere sempre una copia del verbale che fanno firmare alla persona. Mentre è del tutto inutile rifiutarsi di firmare o ritirare il verbale, anzi è consigliabile ritirare e conservare sempre i verbali che vengono consegnati. In caso di sequestro di cose o documenti deve sempre essere consegnato il relativo verbale che deve essere custodito. 

A5) La persona (cittadino straniero o meno), sottoposta a indagini preliminari poiché accusata di aver commesso un qualsiasi reato, deve essere identificata, se ritenuto necessario, anche tramite foto-segnalamento o altri accertamenti4. Tale identificazione perciò deve essere compiuta anche nel caso in cui la persona sia accusata di aver commesso un reato per il quale non è previsto l’arresto immediato (come per es. il reato di ingresso o soggiorno irregolare5).  

Se la persona si rifiuta di essere identificata (oppure mostra documenti rispetto ai quali ci siano sufficienti elementi per ritenerli falsi), può essere condotta coattivamente presso gli uffici delle forze di polizia. In tali uffici può essere trattenuta il tempo strettamente necessario per identificarla e comunque per non più di 12 ore. Nel caso l’identificazione risulti particolarmente complessa (o che si debba richiedere l’intervento di un interprete o del consolato), il tempo massimo di trattenimento diventa di 24 ore, ma la persona ha diritto di avvisare un familiare o un convivente (anche non familiare). In ogni caso, le forze di polizia devono dare immediata notizia del fermo al Pubblico ministero e devono di nuovo avvisarlo qualora il trattenimento si protragga dopo le 12 ore. Allo stesso modo, il Pubblico ministero deve essere avvisato dell’avvenuto rilascio della persona.  

Non è prevista l’assistenza di un difensore durante la procedura di identificazione, ma la persona ha il diritto di pretendere che la comunicazione al Pubblico Ministero sia effettuata immediatamente, così da essere certo di essere rilasciato al decorrere del termine complessivo di 24 ore.  

Infatti, dopo tale termine, la persona deve essere rilasciata anche nel caso in cui le forze di polizia non siano riusciti a identificarla compiutamente. Si ricorda, infatti, che il reato di rifiuto di dare indicazioni sulla propria identità (art. 651 c.p.) non consente l’arresto della persona, a differenza dei reati di falsa attestazione o dichiarazione a pubblico ufficiale sulla propria identità (art. 495 c.p.) per cui è previsto l’arresto facoltativo in flagranza. 

A6) La polizia giudiziaria può procedere all’identificazione (senza rilievi foto-dattiloscopici o di altra natura) anche di una persona (cittadina o straniera) che si ritenga essere in grado di fornire informazioni utili su reati commessi da altri. Nel caso la persona si rifiuti di farsi identificare o produca documenti rispetto ai quali sussistono sufficienti motivi per ritenere che siano falsi, può essere fermata e condotta presso gli uffici delle forze di polizia, per la stessa durata e con le stesse garanzie viste al punto precedete per la persona sottoposta a indagini preliminari.  

A7) In modo simile, l’art. 11 del DL 59/1978 (conv. in legge 191/78) prevede che gli ufficiali e gli agenti di Polizia possono accompagnare nei propri uffici chiunque rifiuti di dichiarare le proprie generalità o quando vi siano sufficienti indizi per ritenere la falsità delle dichiarazioni o dei documenti esibiti.  

Le persone accompagnate possono essere trattenute per il tempo strettamente necessario all’identificazione e comunque non oltre le 24 ore.  

Dell’accompagnamento (e del successivo rilascio) deve essere data immediata comunicazione al Pubblico Ministero. 

B) L’IDENTIFICAZIONE COATTA E IL DIVIETO DELL’USO DELLA FORZA PER I RILIEVI FOTO-DATTILOSCOPICI 

Si sono sopra illustrati brevemente i variegati casi in cui esiste a carico del cittadino straniero un obbligo a essere identificato. E’ necessario allora porsi il fondamentale quesito: in tutti questi casi, cosa succede se il cittadino straniero si rifiuta di sottoporsi ai rilievi foto-dattiloscopici? Possono le forze dell’ordine ricorrere all’uso della forza, e in caso affermativo, in che misura? 

Occorre specificare preventivamente che in ogni caso chiunque (italiano o straniero) ha l’obbligo di eseguire l’ordine impartito dalle forze di polizia di essere condotto presso i propri uffici.  

In altri termini, il cittadino straniero o italiano non può mai resistere con violenza o minacce al fermo delle forze di polizia e all’ordine di essere accompagnati presso i loro uffici e in caso di resistenza commette il reato di resistenza a pubblico ufficiale6. Per tale reato è previsto l’arresto immediato (facoltativo), sicché la persona può essere fermata non a solo scopo identificativo, ma anche per essere sottoposto a un processo in tempi rapidi con la possibilità di essere condannato a una pena detentiva molto severa. Anche la persona che resiste al fermo identificativo non attraverso violenze e minacce, ma passivamente rischia -nella prassi- di essere denunciato per il medesimo reato di resistenza a pubblico ufficiale.  

In definitiva, il vero interrogativo verte sul rifiuto del cittadino straniero di fornire le proprie generalità e di coadiuvare le forze di polizia nella loro attività di prelievo delle impronte e realizzazione delle foto, dopo essere stato condotto negli appositi uffici.  

Occorre però distinguere se nell’opporsi all’identificazione la persona usi o meno violenza o minaccia.  

A) Nel caso in cui la persona sottoposta a foto-segnalamento (fotografia del volto e impronte digitali delle dita della mano) si rifiuti usando violenza o minaccia commette il reato di violenza o minaccia a pubblico ufficiale7 e/o il reato di resistenza a pubblico ufficiale. Ciò comporta la possibilità di essere arrestato, processato velocemente e condannato. 

B) Nel caso in cui la persona sottoposta a foto-segnalamento si rifiuta, opponendo resistenza passiva, ma senza usare violenza o minaccia, commette il reato -molto meno grave- di rifiuto di indicazioni sulla propria identità 8. Si tratta di un reato contravvenzionale, punito in modo molto lieve e tendenzialmente senza alcuna forma di reclusione. Per questo reato non è previsto l’arresto immediato, sicché il cittadino straniero può essere privato della sua libertà personale solo nei limiti (24 ore) e con le garanzie (informazione al P.M. e comunicazione al familiare o convivente) già analizzate nei paragrafi precedenti. Solo successivamente sarà sottoposto a un processo a piede libero. 

In definitiva, chiunque ( straniero o italiano) si rifiuti di farsi identificare commette un reato, anche se si limita a una resistenza passiva, come per esempio quella di chi non vuole dischiudere le mani o non vuole tenderle verso l’apparecchio rilevatore ovvero quella di chi non vuole assumere una posizione pienamente eretta per impedire una corretta operazione fotografica.  Se la resistenza è passiva il reato commesso non prevede tuttavia l’arresto o comunque la privazione della libertà oltre i limiti previsti per la procedura di identificazione (24 ore).  

Più complessa risulta la risposta al secondo quesito, ovvero se è possibile e in che misura per le forze di polizia fare uso della forza per vincere le resistenze passive poste in essere da chiunque (cittadino o straniero) durante la fase di identificazione (cioè dopo che sia stato accompagnato o condotto negli appositi uffici).  

La legge prevede espressamente le uniche ipotesi in cui le forze di polizia sono autorizzate a procedere in modo coattivo, cioè utile a vincere le resistenze passive del destinatario che non si trovi in stato di arresto o di fermo. Più esattamente, l’art. 349 comma 2 bis cod. proc. pen. consente esclusivamente, nei confronti di una persona sottoposta a indagini preliminari, il prelievo coattivo di capelli o saliva, comunque nel “rispetto della dignità personale del soggetto, previa autorizzazione” del Pubblico ministero. Quella relativa al prelievo di capelli e saliva è l’unica forma di identificazione coatta contemplata dal legislatore.  

La questione è molto delicata, al punto che già nel 1962, con la sentenza n. 30, la Corte costituzionale evidenziò che “ spetta unicamente al legislatore, il quale, avendo di mira, nel rispetto della Costituzione, la tutela della libertà dei singoli e la tutela della sicurezza dei singoli e della collettività, potrà formulare un precetto chiaro e completo che indichi, da una parte, i poteri che, in materia di rilievi segnaletici, gli organi della polizia di sicurezza possano esercitare perché al di fuori dell’applicazione dell’art. 13 della Costituzione e, dall’altra, i casi ed i modi nei quali i rilievi segnaletici, che importino ispezione personale, ai sensi dello stesso articolo, possano essere compiuti a norma del secondo e del terzo comma del medesimo art. 13.”  

Poiché la legge vigente non prevede che le autorità di pubblica sicurezza possano fare 

ricorso all’uso di altre forme di coazione fisica per costringere una persona a sottoporsi ai rilievi fotodattiloscopici, tale uso è da considerarsi illegittimo e penalmente rilevante. Dunque, in assenza di una esplicita norma che lo autorizza, ogni uso della forza ai fini dell’effettuazione dei rilievi foto-dattiloscopici deve ritenersi vietato.  

Perciò l’ufficiale o agente di qualsiasi forza di polizia che usa la forza per costringere una persona che non si trovi in stato di arresto o di fermo, la quale oppone resistenza passiva ai rilievi fotodattiloscopici commette i reati di violenza privata e lesioni personali (ove cagionate)

E’ in ogni caso vietato (ed è penalmente rilevante) ogni tipo di atto posto in essere da appartenenti alle forze di polizia con il quale si vogliano vincere le resistenze passive di chiunque (italiano o straniero), sia imprimendo una forza fisica sul corpo della persona che dovrebbe essere sottoposta ai rilievi (per es. colpi inferti su qualsiasi parte del corpo oppure forza impressa sulle mani o sugli arti per dischiudere le mani o allungare le braccia), sia condizionandone traumaticamente la volontà (per es. con scosse elettriche).  

Inoltre, in ogni caso l’eventuale uso della forza nelle attività di identificazione e di foto segnalamento non può mai consistere in ispezioni corporali (Corte cost. sent. n. 30/1962), né in forme di tortura, né può comportare per la persona lesioni fisiche o psicologiche di qualsiasi natura, poiché ogni violenza fisica o morale nei confronti di persona sottoposta a provvedimenti restrittivi della sua libertà personale deve essere punita (art. 13 Cost.) e sono inderogabilmente vietati tutti i tipi di trattamento inumano o degradante (art. 3 della Conv. eur. Dir. uomo). 

Chiunque assista o abbia notizia che sia stato commessa una identificazione forzata che viola le regole sopra descritte ha la facoltà di segnalarlo alle forze dell’ordine o direttamente alla Procura della Repubblica. Sarà quest’ultima, successivamente, ad accertarne l’eventuale rilevanza penale e a provvedere di conseguenza a punire gli autori. 

Va in ogni caso precisato che l’eventuale opposizione in Italia a sottoporsi a rilievi foto dattiloscopici non impedisce di per sé lidentificazione dellItalia quale Stato competente a decidere sulla domanda di asilo, perché, al fine di determinare lo Stato competente in caso di ingresso irregolare, non è necessario che nella banca dati EURODAC siano già stati inseriti i rilievi foto-dattiloscopici fatti in Italia, ma, anche in mancanza di essi, potrebbero essere sufficienti anche altri tipi di prove o di indizi. Questi ultimi sono espressamente indicati nell’allegato II del regolamento di esecuzione (UE) n. 118/2014 della Commissione del 30 gennaio 20149 

In generale tutta la materia è regolata anche dal regolamento (CE) N. 2725/2000 del Consiglio dell’11 dicembre 2000 che istituisce l’«Eurodac», richiamata anche nella stessa circolare impartita nel settembre 2014 dal Ministero dell’Interno. Il sistema EURODAC dal 2008 si applica anche alla Svizzera. L’ingresso illegale nel territorio attraverso una frontiera esterna ai sensi dell’art. 13, par. 1 regolamento Dublino III, e l’uscita da un altro Stato membro dell’UE ai sensi degli artt. 20, par. 5, e 19, par. 2 dello stesso regolamento Dublino III, possono essere provati se nel caso singolo sussiste anche uno solo degli elementi di prova indicati nell’allegato II del regolamento di esecuzione (UE) n. 118/2014 della Commissione del 30 gennaio 2014 che sono di seguito indicati: 

a) risultato positivo fornito da Eurodac previo raffronto delle impronte del richiedente con quelle raccolte a norma dell’art. 14 del regolamento «Eurodac»; 

b) timbro d’ingresso su un passaporto falso o falsificato, o anche il timbro di uscita di uno Stato confinante con uno Stato membro, considerato l’itinerario percorso dal richiedente e la data di attraversamento della frontiera; c) titolo di trasporto che consente formalmente di stabilire l’ingresso attraverso una frontiera esterna, timbro d’ingresso o annotazione equivalente nel documento di viaggio, timbro di uscita, estratti di registri del paese terzo (prova del soggiorno), titolo di trasporto che consente formalmente di stabilire l’uscita o l’ingresso attraverso una frontiera esterna; 

d) rapporto informativo o conferma da parte dello Stato membro a partire dal quale il richiedente ha lasciato il territorio degli Stati membri, timbro di un paese terzo confinante con uno Stato membro, considerato l’itinerario percorso dal richiedente e la data dell’attraversamento della frontiera); 

e) se sussiste anche uno degli indizi ritenuti utili (dichiarazioni circostanziate e verificabili del richiedente, rapporti informativi o conferma delle informazioni da parte di un’organizzazione internazionale o da parte di un altro Stato membro o di un paese terzo, rapporti informativi o conferma delle informazioni da parte di familiari, compagni di viaggio, ecc., impronte digitali, tranne quando siano state rilevate dall’autorità all’attraversamento della frontiera esterna (in tal caso costituiscono prove), biglietti di viaggio, conti di albergo, carte di accesso a istituzioni pubbliche o private degli Stati membri, biglietto di appuntamento presso un medico, un dentista, ecc., dati attestanti che il richiedente ha fatto ricorso ai servizi di un passatore o di un’agenzia di viaggi, altri indizi della stessa natura. 

E’ dunque evidente che l’Unità Dublino del Ministero dell’interno italiano deve valutare ogni richiesta pervenuta dagli altri Stati europei in modo tempestivo e scrupoloso e in presenza di meri indizi non comprovati dovrebbe formalmente negare l’accettazione entro il termine massimo (2 mesi o 7 giorni) e nei casi complessi deve formalmente chiedere la proroga ad almeno 1 mese, perché altrimenti da parte dell’Italia scatta un principio di silenzio-assenso al rientro in Italia dello straniero fermato in altro Stato dell’UE (o in Svizzera, che applica il regolamento Dublino). 

Foto Credit: Antonella Beccaria

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