RdC e 10 anni di residenza: domande e risposte dopo la sentenza della Corte di Giustizia UE

Con sentenza del 29.07.24, la Corte di Giustizia dell’UE ha stabilito che il requisito di 10 anni di residenza in Italia per accedere al reddito di cittadinanza è discriminatorio. In questa pagina raccogliamo alcune FAQ e indicazioni pratiche.

PREMESSA: Il RdC è stato cancellato dalla Legge di Bilancio 2022, quindi non è possibile proporre nuove domande. La sentenza della Corte UE ha effetto soltanto sui casi delle persone che hanno presentato domanda quando il reddito esisteva ancora.

F.A.Q. – Domande frequenti

    La sentenza della Corte di Giustizia dell’UE riguarda esclusivamente i cittadini extra UE titolari di permesso di lungo periodo, per i quali il requisito di residenza decennale è stato dichiarato illegittimo. Il principio può probabilmente ritenersi estendibile anche ai titolari di protezione internazionale e ai cittadini UE e ai loro familiari, ma per avere conferma in merito a questi permessi di soggiorno bisognerà attendere le future sentenze della Corte UE (per il permesso per protezione internazionale) e della Corte costituzionale (per persone con cittadinanza UE).

    Se hai un permesso di soggiorno UE di lungo periodo e:

    1. hai ricevuto tutte le somme che ti spettavano e non hai restituito nulla: l’INPS dovrà procedere autonomamente ad annullare il debito. Per ora conviene attendere e non restituire le somme, né chiedere di accedere alla rateazione.  
    2. hai ricevuto solo alcune delle 18 mensilità che ti spettavano, poi il RdC ti è stato revocato e l’INPS ti ha chiesto la restituzione delle mensilità che avevi percepito: ti spetta la revoca della richiesta di restituzione e il pagamento delle mensilità arretrate dalla revoca fino ai 18 mesi. Consigliamo di contattare un patronato o il servizio antidiscriminazione dell’ASGI per avviare l’azione legale.
    3. hai restituito in parte (o del tutto) gli importi richiesti dall’INPS dopo la revoca del RdC: in questo caso l’INPS dovrebbe restituirti quanto tu hai restituito. Consigliamo di contattare un patronato o il servizio antidiscriminazione dell’ASGI per avviare un’azione legale.

    Quanto sopra vale fino a che l’INPS non emanerà una circolare per adeguarsi alla sentenza della Corte di Giustizia: speriamo che ciò avvenga presto ma fino a tale momento purtroppo bisognerà continuare a rivolgersi al Giudice che però ora è obbligato a attenersi alla sentenza della Corte UE.

    Se hai un permesso per protezione internazionale (asilo o protezione sussidiaria) o sei cittadino/a UE (o suo familiare) e:

    1. hai ricevuto tutte le somme che ti spettavano e non hai restituito nulla: per chiarire definitivamente la questione bisognerà aspettare le prossime sentenze della Corte di Giustizia e della Corte Costituzionale. Nel frattempo, consigliamo di non restituire gli importi richiesti dall’INPS.
    2. hai ricevuto solo alcune delle 18 mensilità che ti spettavano, poi il RdC ti è stato revocato e l’INPS ti ha chiesto la restituzione delle mensilità che avevi percepito: in attesa delle sentenze di cui sopra è consigliabile non restituire gli importi e rivolgersi a un patronato o al servizio antidiscriminazione dell’ASGI per avviare un giudizio, essendo improbabile che l’INPS, anche in caso di sentenze favorevoli della Corte, paghi gli arretrati.
    3. hai restituito almeno in parte (o del tutto) gli importi richiesti dall’INPS dopo la revoca del RdC: suggeriamo di interrompere la restituzione e inviare una lettera di non ammissione di debito (qui un modello) all’INPS via pec o raccomandata. Vale comunque quanto detto ai punti precedenti: se l’interruzione del pagamento è avvenuta prima del compimento dei 18 mesi è opportuno rivolgersi a un patronato o al servizio antidiscriminazione dell’ASGI per avviare un’azione legale.

    No, la sentenza della Corte di Giustizia UE riguarda la legittimità del requisito di residenza di dieci anni. Relativamente al requisito di titolo di soggiorno, la Corte costituzionale (sentenza n. 19/2022) purtroppo ha confermato la costituzionalità del requisito del permesso di soggiorno previsto dalla legge. Quindi i titolari di permesso unico lavoro e degli altri permessi di soggiorno restano esclusi dal RdC.

    Finora gran parte dei tribunali ha assolto gli imputati in casi simili. La sentenza della Corte di Giustizia conferma che la falsa dichiarazione sul requisito di 10 anni di residenza, essendo relativa a un requisito che non poteva essere richiesto, non ha alcuna rilevanza penale.

    I principi espressi nella sentenza della Corte di Giustizia UE potrebbero essere applicabili anche al requisito dei 5 anni di residenza dell’ADI, ma non sono espressamente riferiti a questo requisito.

    ASGI ritiene tuttavia che anche rispetto alle nuove prestazioni possano essere promosse azioni giudiziarie, con buone possibilità di successo. In particolare, riteniamo che sia contestabile:

    • Il requisito di 5 anni di residenza in Italia per l’accesso all’ADI
    • Il requisito di 5 anni di residenza per il Supporto per la Formazione e il Lavoro
    • Il requisito del permesso di soggiorno di lungo periodo per il Supporto per la Formazione e il Lavoro

    Se ti trovi in una di queste condizioni (e hai tutti gli altri requisiti, escluso quello sopra indicato) contatta il servizio antidiscriminazione dell’ASGI per valutare la possibilità di azione legale.

    Clicca qui per contattare il servizio antidiscriminazione

    Foto di Joseph Mucira da Pixabay