Cassazione: dubbi di incostituzionalità delle limitazioni nell’accesso degli stranieri ciechi alle prestazioni sociali

Argomenti:Disabilità
Tipologia del contenuto:Notizie

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza della sez. lavoro n. 11053 del 20 maggio 2014, ha sottoposto alla Corte Costituzionale la questione di legittimità costituzionale dell’art. 80 c. 19 della legge 23.11.2000, n. 388, nella parte in cui subordina al requisito della titolarità della carta di soggiorno la concessione agli stranieri legalmente soggiornanti della pensione di inabilità e dell’indennità di accompagnamento per ciechi assoluti, istituite rispettivamente con l’art. 8 della legge 10 febbraio 1962 e dall’art. 1 della legge 28 marzo 1968, n. 406 – attualmente prevista dall’art. 1 della legge 21 novembre 1988, n. 508, e dell’assegno sociale maggiorato di cui alla legge 8 agosto 1995, n. 335, all’art. 3, comma 6 e all’art. 38 della legge 28 dicembre 2001, n. 448.

L’ordinanza di remissione alla Corte Costituzionale trae origine da due pronunce della Corte di Appello di Firenze dell’anno 2009, che hanno ritenuto legittimo il requisito della carta di soggiorno o permesso CE per lungosoggiornanti in quanto la precedente sentenza della Corte Costituzionale n. 306/2008 avrebbe dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 80 c. 19 della legge n. 388/2000 solo con riferimento al requisito reddittuale necessario al conseguimento del permesso per lungosoggiornanti e non agli altri requisiti tra cui quello dell’anzianità di soggiorno quinquennale in Italia.
La Corte di Cassazione, in qualità di giudice remittente, rileva che successivamente alla sentenza n. 306/2008, sono intervenute altre sentenze della Corte Costituzionale che hanno dichiarato l’illegittimità costituzionale del requisito del permesso di soggiorno per lungosoggiornanti, inquadrando la problematica nel riconoscimento dei bisogni primari della persona e dei suoi diritti fondamentali, alla luce della CEDU e della relativa giurisprudenza della Corte di Strasburgo (Corte Cost., sentenze nn. 187/2010, 329/2011, 3/2013).. Tuttavia, la Corte di Cassazione rileva che nessuna di tali sentenze ha avuto come oggetto la pensione di inabilità e l’indennità di accompagnamento per ciechi assoluti, così come l’assegno sociale maggiorato, bensì altre prestazioni di assistenza sociale previste dalla legislazione nazionale vigente ed aventi natura di diritti soggettivi (l’indennità di accompagnamento generale, l’assegno di invalidità, la pensione di inabilità, l’indennità di frequenza per minori disabili). Ne è derivato, come è noto, un assai discutibile comportamento dell’INPS volto a riconoscere l’accesso agli stranieri anche non lungosoggiornanti, solo per le prestazioni in relazione alle quali era intervenuta specificatamente una pronuncia di incostituzionalità del requisito del permesso di soggiorno per lungosoggiornanti, ma non per le altre, tra cui appunto quelle previste per i ciechi assoluti ( In questo senso, si veda anche il testo del messaggio n. 13983/13 dell’INPS – Direzione centrale Assistenza e Invalidità Civile – Pensioni dd. 04.09.2013) .
Nell’ordinanza di remissione alla Corte Costituzionale, la Corte di Cassazione rileva infatti che i principi sottolineati nelle più recenti citate sentenze della Corte Costituzionale, sebbene riferite a singoli e specifici istituti di welfare, hanno valenza e portata generale, in quanto tutte le prestazioni riferite ad una condizione di disabilità ovvero ad handicap fortemente invalidanti, sono collegate al diritto alla salute, quale diritto fondamentale ed in quanto tale, spettante a tutti, senza distinzioni fondate sulla nazionalità e/o sull’anzianità di soggiorno. Ugualmente, con riferimento a dette prestazioni collegate alla disabilità – continua la Cassazione – “vengono ad essere coinvolti una serie di valori di essenziale risalto- quali, in particolare la salvaguardia della salute, le esigenze di solidarietà rispetto a condizioni di elevato disagio sociale, i doveri di assistenza per le famiglie- tutti di rilievo costituzionale in riferimento ai parametri evocati, tra cui spicca l’art. 2 della Costituzione – al lume, anche delle diverse convenzioni internazionali che parimenti li presidiano” (si fa qui ovviamente riferimento alla Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità, ratificata dall’Italia con legge 3 marzo 2009, n. 18). Pertanto, la Cassazione ritiene che sia fondato il dubbio di illegittimità costituzionale dell’art. 80 c. 19 della legge n. 388/2000 riferito al requisito dello status di lungosoggiornanti, anche in relazione alle prestazioni di assistenza sociale previste dalla legislazione nazionale vigente a favore dei ciechi assoluti. La Corte di Cassazione non ritiene che sia possibile al riguardo un’interpretazione costituzionalmente orientata e/o una disapplicazione diretta delle disposizioni oggetto di remissione, alla luce del consolidato orientamento della Corte Costituzionale per cui le previsioni della CEDU non hanno efficacia diretta nel nostro ordinamento, così come nemmeno l’art. 6, paragrafo 3 del TFUE ed il conseguente rinvio alla CEDU sarebbe sufficiente per imporre al giudice nazionale, in caso di conflitto tra norma nazionale e norma CEDU, di applicare direttamente quest’ultima, secondo l’indirizzo espresso anche dalla Corte di Giustizia europea nella sentenza Kamberaj del 24 marzo 2012.

Corte di Cassazione, sez. lavoro, ordinanza n. 11053 del 20 maggio 2014

Commento a cura di Walter Citti, servizio antidiscriminazioni ASGI, progetto con il finanziamento della Fondazione italiana a finalità umanitarie Charlemagne ONLUS.

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