CGUE: Status di lungosoggiornante al familiare solo se soddisfa il requisito del soggiorno legale e continuativo nei cinque anni precedenti

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Con sentenza del 17 luglio 2014 nella causa Shamim Tahir c. Ministero dell’Interno/Questura di Verona (C- 469/13), la Corte di Giustizia dell’Unione europea ha dichiarato che le norme contenute nella direttiva 109/2003 sullo status dei lungosoggiornanti devono essere interpretate nel senso che il familiare della persona che abbia acquisito lo status di lungosoggiornante non può essere esentato dal requisito del soggiorno legale e continuativo nello Stato membro per cinque anni precedentemente alla presentazione della domanda per poter pure accedere al medesimo status.
La questione è sorta da un rinvio pregiudiziale operato dal Tribunale di Verona a seguito di una controversia tra la sig.ra Tahir, cittadina pakistana coniugata con un cittadino pure pakistano e titolare del permesso di soggiorno UE per lungosoggiornanti, e la Questura di Verona.
La sig.ra Tahir infatti sosteneva il diritto ad ottenere il medesimo status di lungosoggiornante del marito pur non avendo maturato i cinque anni di soggiorno legale pregresso in Italia, in virtù di un’interpretazione letterale dell’art. 9 c. 1 del d.lgs. n. 286/98 avvallata dalla giurisprudenza di alcuni tribunali amministrativi regionali. Secondo tale disposizione, «lo straniero in possesso, da almeno cinque anni, di un permesso di soggiorno in corso di validità, che dimostra la disponibilità di un reddito non inferiore all’importo annuo dell’assegno sociale e, nel caso di richiesta relativa ai familiari, di un reddito sufficiente (…) e di un alloggio idoneo che rientri nei parametri minimi previsti dal[le disposizioni pertinenti del diritto nazionale], può chiedere al questore il rilascio del permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo, per sé e per i familiari di cui all’articolo 29, comma 1». La questura di Verona aveva respinto l’istanza sostenendo che la disposizione non doveva essere interpretata come fondativa di un diritto sostanziale, bensì solo procedurale, per cui il titolare dei requisiti per ottenere lo status di lungosoggiornante può sì richiedere il medesimo status anche per i familiari, tra cui il coniuge, fermo restando che essi debbono comunque soddisfare individualmente i requisiti richiesti, tra cui quello del soggiorno pregresso, legale e continuativo, della durata di cinque anni.
La Corte di Giustizia ha chiarito che gli artt. 4 e 7 della direttiva 109/2003 sui requisiti per l’accesso allo status di lungosoggiornante devono essere interpretati alla luce del considerando n. 6 della direttiva medesima, secondo cui la condizione del soggiorno pregresso è indispensabile per ottenere lo status ( “La condizione principale per ottenere lo status di soggiornante di lungo periodo dovrebbe essere la durata del soggiorno nel territorio di uno Stato membro. Dovrebbe trattarsi di un soggiorno legale ed ininterrotto, a testimonianza del radicamento del richiedente nel paese in questione. È necessaria una certa flessibilità affinché si possa tener conto delle circostanze che possono indurre una persona ad allontanarsi temporaneamente dal territorio»). Tale considerazione è stata ulteriormente sottolineata dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia europea, secondo cui la durata del soggiorno legale e ininterrotto per cinque anni attesta il radicamento della persona nel paese e quindi il suo stabilimento permanente (sentenza Singh, par. 46). Ne consegue che l’art. 9 c. 1 del d.lgs. n. 286/98 deve essere interpretato in maniera compatibile con gli artt. 4 e 7 della direttiva 109/2003 nel senso che il familiare di persona che abbia già acquisito lo status di soggiornante di lungo periodo non può essere esentato dal requisito del soggiorno pregresso legale e continuativo nello Stato membro per cinque anni.
La Corte di Giustizia dell’Unione europea chiarisce inoltre che non può costituire una base giuridica per l’estensione dello status anche al familiare del lungosoggiornante pur non in possesso del requisito del soggiorno pregresso, la clausola di cui all’art. 13 della direttiva 109/2003 richiamata anche dal considerando n. 17, secondo cui lo Stato membro è libero di prevedere trattamenti più favorevoli per il rilascio di permessi di soggiorno permanenti o di validità illimitata, alla condizione che questi non consentano il diritto di soggiornare negli altri Stati membri ai sensi del capo III della direttiva. Difatti, nell’esercizio di tale clausola –sottolineano i giudici della Corte – gli Stati membri devono tenere conto che l’armonizzazione delle condizioni per il conferimento dello status di soggiornante di lungo periodo favorisce la reciproca fiducia tra gli Stati membri , in quanto il rilascio dello status di lungosoggiornante conferisce al titolare , a certe condizioni, il diritto a soggiornare negli altri Stati membri per più di tre mesi. Pertanto, se lo Stato membro può decidere di rilasciare i un permesso di soggiorno permanente a condizioni più favorevoli rispetto a quelle previste dalla direttiva, dovrà pur sempre precisare che non si tratta di un permesso UE per lungosoggiornanti, bensì di un permesso puramente nazionale che non conferisce i diritti previsti dal capo III della direttiva 109/2003.

Corte di Giustizia dell’Unione europea, sentenza 17 luglio 2014, causa Tahir c. M.I. / Questura di Verona (C-469/13)

Il comunicato stampa della Corte di Giustizia

cw

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