Regolamento comunale discriminatorio: amministratore e consiglieri condannati a risarcire il danno erariale

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Sbagliare è umano, perseverare è danno erariale.

La sezione regionale della Lombardia della Corte di Conti ha condannato, con la decisione 144/2016 pubblicata il 4 agosto 2016, alcuni componenti della Giunta Comunale e del Consiglio Comunale (Lega Nord) di Tradate per danno erariale.

La vicenda ha origine da una delibera della Giunta Comunale di Tradate del 2007, che aveva introdotto un bonus bebè destinato ai nuovi nati con entrambi i genitori di nazionalità italiana. A seguito del ricorso presentato da ASGI e APN, la delibera era stata dichiarata discriminatoria, ma la Giunta aveva deciso di resistere in appello (soccombendo anche in secondo grado) e di proporre ricorso in Cassazione avverso la condanna del Tribunale di Milano, “a seguito di delibera di Giunta comunale n. 176 del 18.10.2010 previo parere favorevole di regolarità tecnica”. Il ricorso veniva  dichiarato inammissibile dalla Corte di Cassazione con ordinanza n. 9740/2012.

Esborso complessivo sostenuto dalle casse dello Stato: euro 17.390,89.

A seguito di una segnalazione anonima, la Procura regionale cita in giudizio gli odierni convenuti per sentirli condannare al pagamento, in favore del Comune di Tradate, del complessivo danno erariale.

La Corte dei Conti ritiene evidente “l’antigiuridicità delle condotte poste in essere dai componenti della Giunta e consistente nell’aver deciso di resistere in ben tre fasi di giudizio” e nella consapevolezza in ordine alla concreta portata discriminatoria del regolamento poi comunque adottato.

Ai convenuti non può considerarsi applicabile l’invocato istituto dell’esimente c.d. politica di cui al comma 1-ter dell’art. 1 della legge n. 20/94, in quanto gli atti contestati rappresentano effettivamente l’esercizio di una competenza propria degli organi politici evocati in giudizio e non certo degli organi c.d. tecnici. Sussiste infatti il requisito della colpa grave,  posto che il comportamento tenuto dagli amministratori è particolarmente inescusabile alla luce dell’inequivoca normativa di riferimento e della costante giurisprudenza della Corte Costituzionale.

Danno ripartito – in modo differenziato in ragione al differente apporto causale – tra l’ex sindaco, i membri della Giunta e del Consiglio comunali e il  Segretario Comunale.  Quest’ultima viene condannata a pagare la metà della somma totale, in virtù della  propria funzione di unico soggetto titolato ad ufficializzare la correttezza e conformità degli emanandi provvedimenti del Consiglio Comunale e che, nella sua veste di resposanbile del servizio tecnico/amministrativo del Comune, “aveva dato parere favorevole di regolarità tecnica”.

Una sentenza che ricorda agli amministratori pubblici che una cosa è la campagna elettorale, un’altra è asservire alle proprie convinzione ideologiche la gestione della cosa pubblica, senza aver cura del rispetto delle norme giuridiche.

 

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