Assegni familiari: a carico dell’Inps l’obbligo di restituzione allo straniero discriminato

Lo straniero discriminato per mancato riconoscimento degli assegni familiari può ottenere il pagamento direttamente dall’Inps qualora sia cessato il rapporto di lavoro.

Dopo che la giurisprudenza in materia di assegno al nucleo familiare ha pacificamente riconosciuto il diritto dei familiari residenti all’estero di essere computati nel nucleo dello straniero, così come avviene per i cittadini italiani, si è spesso posto il problema di come procedere per il recupero delle somme dovute, tenendo conto, in particolare, che la somma è dovuta dall’Inps ma deve essere pagata (salvo che per i lavoratori domestici) dal datore di lavoro che poi procede ai conguagli.

La Corte d’Appello di Brescia con sentenza del 16 luglio 2018 conferma una tesi già riconosciuta in giurisprudenza (Cass. Civ. n. 1186/85; conformi Cass. Civ. n. 862/88, n. 1646/82, n. 1973/81) e cioè che, una volta cessato il rapporto di lavoro, la somma deve essere pagata direttamente dall’Inps essendo questo l’unico obbligato all’erogazione degli assegni familiari.

Va anche ricordato che al fine di ottenere il computo dei familiari a carico residenti all’estero è necessario ottenere preventivamente una autorizzazione dall’Inps (che ovviamente viene negata poiché il comma 6bis, art. 2, L. 153/88, che andrebbe disapplicato per contrasto con la disciplina comunitaria, esclude dal computo del nucleo familiare del solo straniero i familiari non residenti in Italia). Avverso tale diniego è possibile, previo espletamento del ricorso in via amministrativa, adire al giudice, anche con il rito antidiscriminatorio, per ottenere l’accertamento che il familiare residente all’estero debba far parte del nucleo anche per i lavoratori extra-UE. Infatti, la norma che introduce un trattamento differenziato per gli stranieri, escludendo dal computo i familiari all’estero, si pone in contrasto con la disciplina comunitaria e, in particolare, con il principio direttamente applicabile di parità di trattamento previsto all’art. 11 della direttiva 2003/109, per i titolari di permesso di lungosoggiorno, e all’art. 12 della direttiva 2011/98 per i titolari di permesso unico lavoro, e pertanto le pubbliche amministrazioni dovrebbero disapplicarla.

Il diritto agli assegni familiari si prescrive in 5 anni e pertanto, sulla base di quanto affermato dalla Corte d’Appello di Brescia, è possibile ottenere il risarcimento anche a diritti risalenti senza necessità di convenire in giudizio tutti i datori di lavoro succedutisi nel quinquennio.

La sentenza