Offese a chi s’impegna nell’accoglienza : la Corte d’Appello conferma la condanna della consigliera regionale

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Qualificare le associazioni impegnate nell’accoglienza dei richiedenti asilo come enti che “lucrano sul traffico dei clandestini con la faccetta misericordiosa” costituisce molestia razziale e obbliga l‘autore al risarcimento del danno.

La vicenda nasce da un messaggio postato su face book nel 2015 con il quale una  militante della Lega –  poi divenuta consigliera regionale e distintasi recentemente per la mozione che invita a “punire” le cooperative che assumono migranti per la cura del verde pubblico – aveva pubblicato un elenco di enti accompagnato dalla didascalia “questo è l’elenco di tutte le cooperative e fondazioni e altri operatori che con la faccetta misericordiosa di chi fa la beneficenza stanno invece lucrando sul traffico dei clandestini…”

Due degli enti compresi nell’elenco e direttamente offesi dalle affermazioni (cooperativa K-PAX e ASSOCIAZIONE PUERTO ESCONDIDO) assieme ad ASGI (per conto dei richiedenti asilo) hanno proposto ricorso al Tribunale di Brescia, assistiti dagli avvocati Alberto Guariso e Marta Lavanna ottenendo già in primo grado la condanna dell’autrice a pagare 2000 euro per ogni associazione.

L’autrice ha proposto appello, lanciando anche una raccolta di fondi a suo sostegno e   ottenendo dalla Corte d’Appello, in un primo tempo, la sospensione della decisione.

Ora la Corte ha però emesso la sua decisione finale: rigetta l’appello e ribadisce che qualificare i profughi come “clandestini” e offendere chi si prende cura di loro costituisce una molestia per ragioni razziali. La Corte ha quindi confermato la condanna al risarcimento aggiungendo anche una ulteriore condanna per “lite temeraria”, stante la evidente “inconsistenza giuridica” delle tesi sostenute nell’appello.

“Un’altra decisone che pone un freno – ha dichiarato l’avv. Guariso – al clima di intolleranza e aggressione nei confronti dei richiedenti asilo alimentato da certa politica e impone di ricondurre il linguaggio entro i limiti del rispetto dovuto a chi affronta la fatica della migrazione e a quanti sono impegnati ad aiutarli”.

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La sentenza di appello

L’ordinanza di primo grado

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