Corte Costituzionale, sentenza del 5 dicembre 2019, n. 254

Accolte le questioni sollevate dal TAR Lombardia e annullate due disposizioni in materia di localizzazione dei luoghi di culto introdotte nella disciplina urbanistica regionale (L. 12/2005) dalla legge regionale della Lombardia n. 2 del 2015.

 

La norma censurata, ostacolando la programmazione delle attrezzature religiose da parte dei comuni (a loro volta condizionati nell’esercizio della loro autonomia amministrativa in materia urbanistica, su cui, da ultimo, sentenza n. 179 del 2019), determina una forte compressione della libertà religiosa (che può addirittura spingersi fino a negare la libertà di culto), senza che a ciò corrisponda alcun reale interesse di buon governo del territorio. Secondo le regole generali, infatti, la realizzazione di un impianto di interesse pubblico che richieda la modifica delle previsioni di piano si può tradurre in una semplice variante parziale.
E comunque, quand’anche la previsione del nuovo impianto possa richiedere una riconsiderazione dell’intero ambito interessato, la valutazione in concreto dell’impatto della nuova struttura sul contesto circostante spetterebbe in via esclusiva al comune. La previsione ad opera della legge regionale della necessaria e inderogabile approvazione del PAR unitamente all’approvazione del piano che investe l’intero territorio comunale (il PGT o la sua variante generale) è dunque ingiustificata e irragionevole, e tanto più lo è in quanto riguarda l’installazione di attrezzature religiose, alle quali, come visto, in ragione della loro strumentalità alla garanzia di un diritto costituzionalmente tutelato, dovrebbe piuttosto essere riservato un trattamento di speciale considerazione.

Corte Costituzionale, sentenza del 5 dicembre 2019, n. 254