Sbarco e domanda di asilo devono essere garantiti senza distinzioni. Commento all’ordinanza su SOS Humanity

Il Tribunale Civile di Catania ribadisce che lo sbarco a seguito di operazioni di soccorso deve essere garantito senza distinzioni, e che l’accesso alla procedura di asilo è un diritto di ogni persona e implica un’immediata attivazione delle autorità statali – italiane se lo sbarco avviene in Italia – a protezione delle persone richiedenti. Due principi fondamentali anche in vista del decreto legge ONG SAR, in fase di conversione in questi giorni, che ridurrà le capacità di soccorso in mare e renderà ancora più pericoloso il Mediterraneo centrale.

Commento

Il Tribunale Civile di Catania sul caso SOS Humanity: il decreto sugli “sbarchi selettivi” è illegittimo, tutte le persone soccorse avevano diritto a raggiungere un luogo sicuro a terra e a chiedere asilo in Italia.

Il Tribunale Civile di Catania ha dichiarato illegittimo il decreto sugli “sbarchi selettivi” e ha stabilito che tutte le persone soccorse dalla nave Humanity 1 avevano il diritto di raggiungere un luogo sicuro a terra e di chiedere asilo in Italia. Questa decisione riguarda le persone che erano state definite come “carico residuale” dal governo italiano, e che a differenza dei minori e dei naufraghi con vunerabilità sanitarie, non erano state fatte sbarcare subito dopo l’attracco della nave nel porto di Catania.

A seguito del rifiuto del comandante della nave di riprendere il mare senza aver potuto concludere le operazioni di soccorso, le persone soccorse, informate sui loro diritti dal loro difensore, avevano manifestato la volontà di chiedere asilo in Italia e ciononostante non era stato consentito loro di lasciare la nave soccorritrice. Era stato infatti emesso nei confronti della Humanity 1 e del suo comandante un decreto interministeriale con cui veniva consentito l’ingresso e la permanenza nelle acque territoriali solo per il tempo strettamente necessario ad assicurare le operazioni di assistenza alle persone che versano in condizioni di emergenza e precarie condizioni di salute, così come valutate dalle “competenti autorità nazionali”. Le persone naufraghe si sono quindi rivolte al Tribunale Civile di Catania presentando un ricorso cautelare per chiedere che gli venisse consentito di lasciare la nave anche al fine di avviare la procedura di asilo.

Il Tribunale ha in primo luogo chiarito che il provvedimento sul quale le autorità basavano il loro rifiuto di consentire lo sbarco – e quindi l’avvio della procedura di asilo – ovvero il decreto interministeriale, deve considerarsi illegittimo per violazione delle norme di diritto interno e internazionale del mare e di quelle in materia di asilo.

Dopo una ricognizione dettagliata delle norme rilevanti derivanti dal diritto internazionale e interno in queste due materie, il Tribunale ha ribadito che ricade sullo Stato l’obbligo di prestare assistenza ad “ogni naufrago senza possibilità di distinguere, come sancito nel decreto interministeriale, applicato nella circostanza, in base alle condizioni di salute” e che – citando la Cassazione sul caso Rackete – “una nave in mare che presta assistenza non costituisce “luogo sicuro”, se non in mera via temporanea, giacché essa, oltre ad essere in balia degli eventi metereologici avversi, non consente il rispetto dei diritti fondamentali delle persone migranti soccorse, fra i quali va incluso il loro diritto a presentare domanda di protezione internazionale”.

Pertanto in primo luogo il Tribunale ha chiarito ancora una volta che tutte le persone recuperate in mare in situazioni di pericolo devono essere soccorse e devono poter sbarcare in un luogo sicuro, escludendo la legittimità di una prolungata e inutile permanenza a bordo delle navi soccorritrici.

In secondo luogo la giudice catanese ha evidenziato come le norme in materia di diritto di asilo ostino al prolungato rifiuto di sbarco impedisce di fatto l’esercizio del diritto di chiunque ad avviare la procedura di riconoscimento della protezione internazionale. “In presenza di domanda di protezione internazionale, sorge l’obbligo dello Stato Italiano a registrare tale domanda, consentendo la regolarizzazione, seppure temporanea (il permesso di soggiorno ha durata semestrale, rinnovabile fino alla durata del procedimento dinanzi alla Commissione Territoriale competente) della permanenza del migrante nel territorio dello Stato. La violazione del detto obbligo si pone in contrasto anche con il divieto di trattamenti inumani o degradanti, previsto dall’art. 3 CEDU e dell’art. 4 Prot. n. 4 Cedu, che sancisce il divieto di espulsioni collettive, nonché integra la violazione dell’art. 13 CEDU, per la mancanza di un rimedio effettivo riconosciuto ai ricorrenti in opposizione al respingimento automatico collettivo”. Si tratta di normative, sia interne che internazionali, che non consentono alla Pubblica Amministrazione di introdurre divieti o di discriminare, fra i migranti, in forza della ricorrenza di presupposti diversi e che impongono tempi brevi per l’inoltro della domanda e per l’accertamento del diritto alla protezione richiesta, proprio in considerazione della particolare vulnerabilità di chi, soccorso in mare, riesca ad approdare sul territorio di uno dei Paesi membri dell’Unione.

Questo profilo appare oggi quanto mai importante alla luce del decreto legge n. 1/2023 sulle attività di soccorso in mare delle ONG in questi giorni in fase di conversione in legge.

Il decreto infatti, anche alla luce delle dichiarazioni pubbliche del governo e delle difese in giudizio, sembra voler stabilire la competenza di altri Stati per la valutazione delle domande d’asilo nel tentativo di anticipare forzatamente il momento della manifestazione della volontà di chiedere asilo sfruttando anche il principio della giurisdizione dello Stato di bandiera delle navi che effettuano il soccorso. Tuttavia appare chiaro alla luce di questa pronuncia che esistono alcuni principi che non possono essere aggirati: lo sbarco a seguito di operazioni di soccorso deve essere garantito a ogni persona senza distinzioni e a terra e  l’accesso alla procedura di asilo è un diritto di tutte le persone e implica un’immediata attivazione delle autorità statali – italiane se lo sbarco avviene in Italia – a protezione delle persone richiedenti.