Avvocato generale della CGUE sul RdC: il requisito di 10 anni di residenza contrasta con il diritto UE

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Il 25 gennaio scorso sono state pubblicate le conclusioni dell’avvocato generale della Corte di Giustizia dell’UE relative al rinvio pregiudiziale disposto nel maggio 2022 dal Tribunale di Napoli, sezione penale, in cui il giudice italiano chiedeva alla CGUE se il requisito di residenza di 10 anni previsto per fruire del reddito di cittadinanza fosse compatibile con il diritto europeo. Secondo l’avvocato generale, la Corte dovrebbe ritenere il requisito in contrasto con la normativa UE.

La questione era sorta nell’ambito di due giudizi penali per reato di falsa dichiarazione ex art. 7, D.L. 4/2019, nei quali due persone straniere erano accusate di aver percepito indebitamente il RdC in quanto non erano residenti in Italia da 10 anni, come invece avevano dichiarato al momento della domanda. Il giudice di Napoli aveva ritenuto che vi fossero dubbi circa la legittimità del requisito di residenza decennale e aveva rinviato la questione alla Corte di Giustizia.

Le conclusioni dell’avvocato da poco pubblicate chiariscono innanzitutto quale sarà l’oggetto della decisione della CGUE. Questa ha infatti richiesto al giudice nazionale di esplicitare lo status giuridico delle persone interessate dai procedimenti penali, che sono risultati in possesso di permesso di soggiorno UE per lungo periodo. La Corte dovrà quindi esprimersi sulla compatibilità della richiesta di residenza pregressa di 10 anni con la direttiva 2003/109/CE relativa allo status dei cittadini non-UE soggiornanti di lungo periodo.

Nel parere proposto alla Corte – ricordiamo, non vincolante – l’avvocato generale rileva come l’introduzione del requisito di residenza pregressa comporti una differenza di trattamento tra i cittadini italiani e i cittadini non-UE soggiornanti di lungo periodo. “In proposito” si legge “dalla giurisprudenza della Corte risulta che qualsiasi distinzione in base alla residenza, come quella stabilita nel caso di specie dalla condizione di cui trattasi nei procedimenti principali, rischia di operare maggiormente a favore dei cittadini nazionali, in quanto i non residenti sono più frequentemente cittadini non nazionali. Lo stesso vale per una distinzione fondata sulla durata della residenza qualora il trattamento dei cittadini nazionali sia comparabile a quello dei cittadini dei paesi terzi che hanno acquisito lo status di soggiornante di lungo periodo al termine di un regolare soggiorno di cinque anni nel territorio dello Stato membro interessato“. Tale differenza di trattamento è tuttavia vietata dall’art. 11, paragrafo 1, lett. d) della direttiva 2003/109, la quale prevede, appunto, l’equiparazione dei titolari di permesso UE di lungo periodo con i cittadini degli Stati Membri nell’accesso a “le prestazioni sociali, l’assistenza sociale e la protezione sociale ai sensi della legislazione nazionale“.

In conclusione, l’avvocato generale suggerisce pertanto alla Corte di rispondere alla questione sollevata dal giudice di Napoli stabilendo che l’art. 11, paragrafo 1, lettera d), della direttiva 2003/109/CE osta a una normativa nazionale che condiziona l’accesso a una misura nazionale di assistenza sociale al requisito della residenza nello Stato membro interessato per almeno dieci anni, in modo continuativo negli ultimi due anni, e che prevede una sanzione penale in caso di falsa dichiarazione relativa a tale requisito.”

Per quanto concerne i procedimenti penali, l’avvocato generale inoltre ritiene che, qualora anche la Corte accertasse l’incompatibilità del requisito con la normativa UE, i giudici nazionali dovrebbero disapplicare sia l’articolo 2, paragrafo 1, lettera a), punto 2, del decreto‑legge n. 4/2019 sia l’articolo 7, paragrafo 1, di quest’ultimo.

Per dirimere la questione bisognerà ora attendere la sentenza della Corte di Giustizia, che verrà pubblicata nei prossimi mesi. Le conclusioni dell’avvocato generale fanno tuttavia ben sperare che – a distanza di anni dalla sua approvazione – il requisito di residenza decennale per accedere al RdC possa essere finalmente dichiarato illegittimo.

Nel frattempo, consigliamo a chi avesse ricevuto provvedimenti di revoca e richiesta di restituzione del RdC motivati dalla mancanza del requisito di residenza decennale di non restituire le somme percepite e attendere la decisione della Corte. Per maggiori informazioni è possibile contattare il servizio antidiscriminazione.

Foto di copertina di Marc Schneider da Pixabay

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