Sicurezza: No ad un disegno di legge che minaccia il nostro stato di diritto

Argomenti:Carcere
Tipologia del contenuto:Analisi giuridica//Comunicati stampa

Antigone e ASGI: Non è sicurezza ma disumanità, documento inemendabile. L’Italia rischia di rompere con una tradizione giuridica liberale e solidale. Con questa legge anche Gandhi verrebbe incarcerato.

È con misure di welfare comunale e di dialogo sociale, non criminalizzando le persone che un Governo dovrebbe agire di fronte a comportamenti che affondano le proprie radici nella disuguaglianza sociale ed economica.

Questo in sintesi il giudizio delle associazioni Antigone e di Associazione per gli Studi Giuridici sull’Immigrazione (ASGI) sul Disegno di legge n. 1660/C recante “Disposizioni in materia di sicurezza pubblica, di tutela del personale in servizio, nonché di vittime dell’usura e di ordinamento penitenziario” presentato oggi durante l’audizione alla Camera dei Deputati del presidente di Antigone, Patrizio Gonnella.

Il testo in discussione in parlamento presenta un evidente contrasto con troppi principi costituzionali che reggono il nostro ordinamento giuridico, in particolare nel campo del diritto penale, del diritto dell’immigrazione e del diritto penitenziario.

“Le nuove disposizioni che il Governo vorrebbe introdurre appaiono, infatti, impostate ad una logica repressiva, securitaria e concentrazionaria: la sicurezza è declinata solo in termini di proibizioni e punizioni, ignorando che è prima di tutto sicurezza sociale, lavorativa, umana e dovrebbe essere finalizzata all’uguaglianza delle persone. Il disegno di legge del Governo strumentalizza, invece, le paure delle persone e contravviene ai doveri di solidarietà di cui all’articolo 2 della Costituzione” dichiarano le associazioni nell’introduzione al documento presentato ai parlamentari delle Commissione Giustizia e Affari Costituzionali della Camera dei Deputati.

Se questo provvedimento diverrà legge segnerà una deriva del sistema democratico verso un modello autoritario e repressivo nelle nostre comunità colpendo anche con intenti discriminatori, diverse situazioni di marginalità sociale.

Viene infatti cancellata la possibilità di rinvio della pena per le donne in stato di gravidanza, norma dall’evidente contenuto simbolico, finalizzata a reprimere un particolare gruppo sociale, connotato sul piano culturale, ossia le donne rom.

Il nuovo reato di rivolta carceraria equiparerà le proteste violente con quelle non violente. Se qualcuno si opporrà in maniera pacifica agli ordini in partiti in un carcere o in un centro di accoglienza o un centro di permanenza per il rimpatrio (CPR), ad esempio rifiutandosi di rientrare in una cella sovraffollata, potrà subire una pena che può arrivare fino ad 8 anni di reclusione, con anche la previsione del 4-bis, un regime particolarmente severo di cancellazione dei benefici penitenziari, pensato inizialmente per i reati di terrorismo e criminalità organizzata. In tal senso si rischia di stravolgere il modello penitenziario repubblicano e costituzionale, ricollegandosi al regolamento fascista del 1931. Nella logica repressiva delle lotte sociali che caratterizza il disegno di legge, alla polizia e più in generale all’autorità di pubblica sicurezza viene riconosciuto un privilegio, in ragione del ruolo che essi svolgono, in quanto rappresentanti dell’autorità costituita nella “pubblica piazza”, privilegio che di fatto si trasforma sul piano giuridico in una vera e propria immunità funzionale che, ancora una volta, determina una criminalizzazione dei manifestanti. Una lesione loro inferta vale di più di quella provocata dalla polizia.

Infine, con questo disegno di legge, si favorisce la proliferazione delle armi nelle strade e, più in generale, nei luoghi pubblici, consentendo a circa 300 mila persone appartenenti alle forze dell’ordine di usare un’altra arma, diversa da quella di servizio, mettendo a rischio la sicurezza delle persone, in una deriva del modello securitario che tenderebbe così ad assomigliare sempre più a quello statunitense. Più armi ci sono per le strade, più morti ammazzati ci saranno.

Antigone e ASGI esprimono la loro grande preoccupazione per gli effetti di questo provvedimento sul nostro ordinamento giuridico e per la deriva di natura autoritaria ed estremamente pericolosa che segnerà sui diritti dei cittadini e di determinate categorie di persone, specie le più marginali.

Immagine di Jake ParkinsonPixabay

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