RdC e reato di falsa dichiarazione: nuove sentenze di assoluzione

Da ormai più di due anni sono attese le decisioni della Corte di Giustizia dell’UE e della Corte costituzionale sulla legittimità del requisito di residenza decennale previsto per accedere al reddito di cittadinanza. Sebbene la prestazione sia stata abrogata e sostituita da nuove misure, la questione resta rilevante per tutte le persone, per la maggior parte straniere, che (spesso inconsapevolmente) avevano richiesto e ottenuto il RdC senza soddisfare questo requisito e hanno successivamente ricevuto provvedimenti di revoca e richiesta di restituzione da parte dell’INPS. Nell’attesa delle sentenze delle Alte Corti, sul fronte penale del relativo reato di falsa dichiarazione ex art. 7, comma 1, DL 4/19, sono ad oggi numerosi i giudici che si sono espressi per l’assoluzione o per il non luogo a procedere.

Innanzitutto, segnaliamo che la Corte di cassazione, sez. Unite, con sentenza n. 49686/2023 ha sancito il principio secondo cui “Le omesse o false indicazioni di informazioni contenute nell’autodichiarazione finalizzata a conseguire il reddito di cittadinanza integrano il delitto di cui all’art. 7 dl, 28 gennaio 2014 n. 4, conv. in legge 28 marzo 2019 n. 26 solo se funzionali ad ottenere un beneficio non spettante ovvero spettante in misura superiore a quella di legge“. Secondo questa interpretazione, il reato richiede pertanto un dolo specifico, che non si esaurisce nella falsa dichiarazione per se’, ma prevede che l’imputato abbia dichiarato il falso con il fine di ottenere indebitamente la prestazione o parte di essa dallo Stato.

Proprio alla luce di questo orientamento, il Tribunale di Torino, con sentenza depositata il 17.04.2024, ha assolto un’imputata che risiedeva in Italia da un mese al momento della domanda, ritenendo che quest’ultima avesse agito in assenza di dolo: la donna infatti si era recata presso un CAF per la compilazione dell’ISEE e l’apertura di una partita IVA, e in questa sede le era stato suggerito di presentare domanda per il reddito; inoltre, al momento della richiesta la donna non aveva una buona padronanza dell’italiano e successivamente alla revoca aveva provveduto a restituire tutte le somme percepite. La Giudice ha pertanto ritenuto che il fatto non costituisse reato.  

Ulteriori sentenze di assoluzione provengono poi dal Tribunale di Padova (sentenza 25.04.2024) e dal Tribunale di Lucca (sentenza 05.12.2023). La prima riguardava una cittadina nigeriana che aveva percepito il RdC senza essere in possesso dei requisiti di residenza e cittadinanza. Anche in questo caso, secondo la Giudice la scarsa conoscenza della lingua italiana e la probabile mancata informativa completa da parte del CAF non permettevano di stabilire l’esistenza di dolo da parte dell’imputata. Il Tribunale di Lucca ha invece considerato che, poiché l’imputato aveva allegato alla domanda un permesso di soggiorno da cui emergeva chiaramente che il suo ingresso in Italia risaliva al 2016, la falsa dichiarazione fosse di fatto inidonea “ad ingannare il funzionario preposto alla valutazione dell’istanza“. Il Giudice ha pertanto dichiarato l’insussistenza del fatto e assolto l’imputato.  

Più recentemente, anche il GUP di Caltagirone ha emesso una sentenza di non luogo a procedere (sentenza 09.05.2024): il Giudice ha innanzitutto riqualificato il fatto di reato di truffa aggravata ai danni dello Stato nel reato di indebita percezione di erogazioni pubbliche ex art. 316-ter c.p., ritenendolo poi assorbito nel reato di cui all’art. 7, co. 1, D.L. 4/2019. Il GUP ha poi ritenuto non sussistente l’elemento soggettivo del dolo specifico e disposto il non luogo a procedere.

In ultimo, si segnala la sentenza del 06.04.2024 del Tribunale di Spoleto: in questo caso il Giudice dichiara il non luogo a procedere nei confronti della cittadina rumena a cui veniva contestato il reato in quanto era stata provata la residenza di fatto in Italia da più di 10 di quest’ultima.

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