Lampedusa: per la CEDU nell’hotspot il trattamento è disumano e degradante solo per le famiglie con minori

ASGI ha proposto ricorsi d’urgenza alla Corte Europea dei Diritti umani al fine di chiedere l’immediato trasferimento dall’hotspot di Lampedusa di tre nuclei familiari, anche con minori, che vi erano trattenuti da tempi variabili e in condizioni di promiscuità, materiali e igieniche degradanti. La Corte ordina al Governo il trasferimento immediato di solo uno dei nuclei familiari, un risultato che seppur significativo solleva numerose perplessità ponendo in essere una tutela selettiva che si scontra con l’inadeguatezza delle condizioni dell’hotspot per tutte le persone ivi trattenute. 

I tre nuclei familiari, nello specifico un nucleo con due minori, un nucleo con un minore di soli nove mesi ed una coppia, diversamente da quanto dovrebbe avvenire, sono stati trattenuti in condizioni degradate e totalmente inadeguate rispettivamente dalla data del 21, del 16 e dell’8 ottobre, in una situazione di fortissimo isolamento, senza alcuna effettiva possibilità di reclamare il rispetto dei propri diritti. In aggiunta, come da prassi tipica dell’approccio hotspot, tutti hanno presentato domanda di protezione internazionale nell’ambito delle procedure di identificazione, senza che venisse rilasciata alcuna ricevuta e senza che la stessa venisse effettivamente registrata dalle autorità competenti. 

Alla data del 10 novembre 2022 la Corte Europea dei Diritti Umani, a seguito dei ricorsi d’urgenza inoltrati il 27 ottobre 2022, ha ordinato il trasferimento del secondo nucleo familiare in idonea struttura di accoglienza – avvenuto la mattina successiva – nonché l’adozione di ogni misura necessaria ad assicurare condizioni di vita adeguate ai ricorrenti. Il primo nucleo con due minori è stato immediatamente trasferito il giorno successivo alla proposizione del ricorso e la Corte non ha adottato alcuna misura. Infine per quanto riguarda il terzo nucleo, una coppia, nonostante il trattenimento, la situazione inadeguata e priva degli standard minimi di accoglienza in cui sono costretti a vivere da quasi un mese, la Corte non ha ordinato il trasferimento e si è limitata ad ordinare l’adozione di ogni misura necessaria ad assicurare condizioni di vita e di accoglienza adeguate ai ricorrenti ai sensi dell’art. 3 CEDU.

Il fatto che la Corte Europea per i Diritti Umani abbia ordinato il trasferimento del primo nucleo familiare appare sicuramente importante e significativo, tuttavia permangono preoccupazioni per le condizioni, tutt’altro che contingenti, che caratterizzano l’hotspot di Lampedusa e per le gravi violazioni che sono sistematicamente attuate nel centro in una condizione di sostanziale invisibilità. 

Ma soprattutto la decisione della Corte relativamente alla coppia presente all’interno dell’hotspot si rileva gravemente critica mettendo in evidenza una regressione dei diritti e un approccio discriminatorio nella tutela dei soggetti vulnerabili. La Corte sembrerebbe affermare che le condizioni dell’hotspot siano incompatibili con la vita di un minore, ma non con il rispetto della dignità umana di un nucleo familiare. Eppure, ordinando l’adozione di misure idonee a garantire il rispetto dell’art. 3 CEDU, con un provvedimento definito “di accoglimento”, la Corte sembrerebbe riconoscere una violazione dello stesso articolo 3 anche nei confronti del nucleo familiare, evidentemente non sufficiente a giustificare un ordine di trasferimento, ponendo in essere un trattamento differenziato. La Corte non prende posizione sulle condizioni nell’hotspot, sull’utilizzo del centro per finalità estranee a quelle di primo soccorso e identificazione e sulla privazione della libertà personale dei ricorrenti, trattenuti di fatto senza alcun provvedimento formale e intervento da parte dell’autorità giudiziaria.

Un segnale in continuità con l’approccio adottato dalla Corte Europea anche in casi precedenti, ma che conferma in ogni caso la necessità fondamentale di proseguire nel lavoro di monitoraggio e di tutela giuridica interpellando le autorità giudiziarie affinché sia garantita la rapida esecuzione dei trasferimenti dall’isola, sottolineando come i centri cd. hotspot siano, già per loro natura, luoghi di trattenimento informale ed illegittimo, assolutamente inadeguati ad accogliere i cittadini stranieri per lunghi periodi, laddove la permanenza dovrebbe essere la più breve possibile, essendo esclusivamente finalizzata a fornire prima assistenza e allo svolgimento delle procedure di identificazione.

Questa azione rientra nell’ambito del progetto Inlimine, promosso da ASGI per affrontare i temi dell’approccio hotspot, delle politiche di gestione delle frontiere e dell’accesso alle procedure di asilo.