Il position paper “Alcune considerazioni sull’uso forense dell’età biologica”, pubblicato dal Prof. Lodovico Benso (già Direttore della SCDU di Auxologia dell’Università di Torino) e dal Prof. Silvano Milani (Unità di Statistica Medica e Biometria del’Università di Milano) spiega in modo chiaro, scientificamente rigoroso e con un linguaggio comprensibile anche al di fuori della comunità scientifica, le ragioni per cui i metodi impiegati per l’accertamento dell’età dei minori stranieri in Italia, prevalentemente basati su esami della maturazione scheletrica della mano e del polso, non possano fornire risultati certi ma solo stime altamente imprecise.
I due autorevoli studiosi, infatti, sottolineano come le metodiche più frequentemente impiegate si fondino su studi aventi ad oggetto bambini ed adolescenti inglesi e americani nel periodo tra le due guerre: l’applicazione di tali parametri a individui appartenenti ad etnie differenti e cresciuti in condizioni di vita significativamente diverse, come la maggior parte degli adolescenti stranieri che nel nostro Paese vengono oggi sottoposti a questo tipo di esame, determina una distorsione sistematica che rende i risultati di tali esami altamente inaffidabili.
Nel documento si chiarisce inoltre come ciò che viene comunemente chiamato “margine di errore” si riferisca a due differenti concetti: da una parte la variabilità nella maturazione ossea osservabile tra diversi soggetti appartenenti alla stessa popolazione, pari a ±2 anni, e dall’altra la variabilità nella lettura di una stessa radiografia da parte di diversi operatori esperti, pari a ±6 mesi. Nei casi in cui sul referto non sia tenuta in considerazione la variabilità biologica pari a ±2 anni ma solo il grado di imprecisione pari a ±6 mesi, o addirittura non sia indicato neanche tale margine di errore, il referto non ha significato dal punto di vista scientificoe non può dunque essere considerato dall’autorità giudiziaria o da qualsiasi altra autorità come elemento rilevante nel valutare se il soggetto sia minorenne o maggiorenne.
Dalle prassi rilevate da ASGI, risulta come nei referti venga spesso indicato “almeno 18 anni”, probabilmente nei casi in cui la maturazione scheletrica del soggetto esaminato risulti completa. Tale indicazione appare scientificamente scorretta, in quanto non tiene conto del fatto che alcuni individui raggiungono la completa maturità ossea durante la minore età. In particolare in tali casi, dovrebbero essere sempre disposti ulteriori approfondimenti con altri metodi (come ad esempio l’esame della maturazione sessuale) e, in base al principio della presunzione di minore età, il soggetto dovrebbe esser trattato come minorenne in attesa degli esiti.
Trattandosi di metodologie complesse, che richiedono un’elevata specializzazione, la valutazione della radiografia e degli ulteriori esami effettuati dovrebbe essere sempre eseguita da un auxologo esperto.
In considerazione dell’elevata inaffidabilità di tutti i metodi ad oggi disponibili, ASGI ribadisce infine come l’accertamento dell’età attraverso esami medici possa essere effettuato solo ove sussistano fondati dubbi sulla minore età e ove non sia possibile ottenere prove documentali a riguardo, e come i risultati delle perizie mediche non possano mai prevalere sui documenti di identità forniti, ad eccezione, evidentemente, dei casi in cui sia giudizialmente accertata la falsità di tali documenti.
ASGI auspica che le importanti indicazioni fornite dal Prof. Benso e dal Prof. Milani, così come le raccomandazioni sviluppate a livello internazionale sull’accertamento dell’età, vengano al più presto recepite nelle prassi dell’autorità giudiziaria, delle forze dell’ordine e degli Enti locali, nonché nel Protocollo nazionale sull’accertamento dell’età attualmente in discussione, a partire dal c.d. Protocollo Ascone approvato nel 2009 dal Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali, di cui risulta sempre più urgente l’adozione.