#6 React: I fondi italiani per il controllo delle migrazioni perseguono finalità illecite?

Tipologia del contenuto:Notizie

Pubblichiamo il sesto contributo della serie di spunti operativi di pratiche e contenzioso strategico per reagire contro le illegittimità e le violazioni dei diritti dellз cittadinз stranierз in fuga dai loro paesi di origine o di transito. 

Con React – il Diritto in pratica vogliamo descrivere in modo sintetico ma completo come abbiamo deciso di affrontare i casi di respingimento in mare, di rimpatri “volontari” dalla Libia dellз rifugiatз, della cooperazione italiana nelle violazioni delle autorità libiche, delle restrizioni della libertà di movimento e di asilo dellз cittadinз stranierз, del monitoraggio dei fondi pubblici nei paesi di transito e del loro possibile sviamento. 

Questo è un invito a leggere e replicare queste azioni.

Per un motivo principale: se aumenta la consapevolezza rispetto alle violazioni e alle possibili soluzioni e se in tantз agiamo in modo coordinato per chiedere il rispetto dei diritti dellз cittadinз stranierз in movimento, potremo cambiare veramente le cose.

I fondi italiani per il controllo delle migrazioni perseguono finalità illecite?

Di cosa si parla

Nel corso degli ultimi anni, sia il governo italiano (tramite il Ministero dell’interno e il Ministero degli Affari Esteri e della cooperazione internazionale) sia la Commissione Europea hanno stanziato ingenti somme di denaro da destinare ai paesi di origine e di transito dellз cittadinз stranierз che raggiungono i Paesi Membri. 

In un primissimo periodo (intorno al 2016-2018 quando sono stati implementati il Fondo Africa e il Fondo Fiduciario Europe di Emergenza per l’Africa – EUTFA) la narrazione si è concentrata intorno al fatto che tali risorse, destinate a progetti di sviluppo, avrebbero portato a una diminuzione della migrazione e a una maggiore collaborazione dei governi nelle politiche di riammissione. 

Successivamente, i governi hanno iniziato a parlare sempre più apertamente e quindi ad approvare senza remore progetti e finanziamenti che vanno da un lato a strutturare e rafforzare i controlli alle frontiere per impedire il movimento (si pensi alla Libia, al Niger, alla Tunisia, al Sudan) oppure a vincolare i finanziamenti alla collaborazione per il rimpatrio dellз cittadinз stranierз irregolari (si pensi al fondo di premialità per il rimpatrio).

In tale contesto ci siamo chiestз  se tali fondi siano legittimamente disposti ossia se perseguano fini legittimi nel nostro ordinamento. 

È legittimo rafforzare la guardia costiera Libica per intercettare le persone in mare? 

È legittimo fornire strumentazione e formazione alle guardie di polizia gambiane e senegalese in modo da impedire la partenza dellз cittadinз che vogliono lasciare il paese? 

È giustificabile condizionare progetti per lo sviluppo alla cooperazione in materia di rimpatrio? 

Cosa è stato fatto

Al fine di rispondere a queste domande, abbiamo intrapreso un lavoro di mappatura e analisi dei finanziamenti per il controllo delle frontiere disposti dal governo italiano ad autorità estere, al fine di venire a conoscenza del contenuto dei progetti finanziati e  presentare contenzioso laddove il fondo fosse speso per fini non compatibili con il nostro ordinamento.

Lo strumento che abbiamo utilizzato è stato quello dell’accesso civico, attraverso il quale è stato possibile conoscere da una parte i contenuti dell’attività della pubblica amministrazione, e dall’altra sviluppare sulla base delle informazioni e dei documenti raccolti contenziosi strategici per tentare di modificare le linee di intervento. A volte abbiamo ottenuto queste informazioni, altre volte abbiamo dovuto fare ricorso al giudice amministrativo.

In un caso, abbiamo  impugnato un decreto di spesa con il quale il Ministero degli Affari Esteri ha impegnato delle risorse pubbliche per dotare la Guardia Costiera Libica di 4 motovedette utilizzate per intercettare lз migranti in mare e portarlз nei centri di detenzione libica. Il Consiglio di Stato in quella occasione ha ritenuto che la spesa fosse compatibile con i principi dell’ordinamento italiano, in particolare perché ONG e organizzazioni internazionali stavamo implementando progetti di miglioramento delle condizioni dei centri di detenzione. 

Pertanto, vorremmo sperimentare ulteriormente attività di  contenzioso per mettere in discussione la legittimità dei fondi quando questi vanno a incentivare pratiche di respingimento, di limitazione della libertà di movimento e di accesso al diritto di asilo. 

Cosa si può fare

Crediamo che la prima strategia sia monitorare. Condividere articoli di stampa, notizie su progetti e finanziamenti. Chiedere come singoli ed associazioni che vengano pubblicate tutte le informazioni riguardanti le modalità di spesa delle risorse pubbliche. 

Lз parlamentari potrebbero richiedere ai ministeri dell’Interno e degli esteri  di rendere sempre pubblici tutti i decreti di spesa di modo da permettere un controllo continuo da parte dei cittadini di come le risorse pubbliche sono spese nell’ambito delle politiche di controllo della migrazione e delle frontiere.

Oggi c’è un rinnovato interesse agli accordi e alle intese di riammissione con i paesi terzi in quanto a seguito della riforma dell’ art. 14 c. 5 D.Lgs 286/98 si prevede che possa essere esteso il tempo di trattenimento per ulteriori 30 giorni dei cittadini stranieri irregolari nei centri per il rimpatrio se tra l’Italia e i loro paesi di origine vi è un accordo di riammissione.

Da ciò derivano due conseguenze. Da un lato se il Ministero dell’Interno sostiene che siamo di fronte a una intesa di polizia, questa non può essere posta alla base di una richiesta di proroga del trattenimento, dall’altro se viene richiesta e disposta una proroga del trattenimento allora vi è un accordo e l’accordo deve essere pubblico anche per verificare il suo contenuto.

Alla luce di quanto detto, riteniamo che  avvocatз, operatorз  legali possano chiedere la pubblicazione degli accordi di riammissione tramite richieste di accesso agli atti e accesso civico ed inoltre che lз avvocatз richiedano al giudice di pace di ordinare l’ostensione degli accordi prima di decidere sulla proroga del trattenimento.

Conoscere il contenuto degli accordi permetterebbe anche di impugnare la loro legittimità in caso di disposizioni che ledono i diritti dei cittadini stranieri. 

Lз parlamentari hanno un ruolo decisivo in questo percorso di trasparenza. Dovrebbero infatti richiedere la pubblicazione e relazioni sul contenuto delle intese di riammissione ogniqualvolta queste siano sottoscritte per richiamare il ministero dell’Interno e degli Affari Esteri e della Cooperazione internazionale ai loro obblighi di trasparenza e controllo.

I contributi di React, diritti in pratica

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