Il TAR Lazio ordina al Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti di trasmettere la documentazione relativa alle operazioni di soccorso: non sono operazioni militari e c’è diritto diffuso e prevalente dei cittadini al controllo dell’attività della Pubblica Amministrazione.
L’Associazione per gli Studi Giuridici sull’Immigrazione ( ASGI ), nell’ambito dei progetti Sciabaca – oltre il confine ed In Limine e la Coalizione Italiana delle Libertà e i Diritti Civili ( CILD) per mezzo del collegio difensivo composto dagli avv. ti Lucia Gennari, Salvatore Fachile, Giulia Crescini e Gennaro Santoro avevano avanzato richiesta di accesso alle informazioni relative ai soccorsi intervenuti nel Mar Mediterraneo in due determinati lassi di tempo.
Il Ministero delle infrastrutture e dei Trasporti aveva rigettato la richiesta in quanto – astrattamente e potenzialmente – lesiva delle relazioni internazionali e in quanto ritenuta operazione militare.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio con la sentenza 10202/2019 del 1° agosto 2019 ha accolto i due ricorsi, poi riuniti in un unico procedimento e ha condannato la Pubblica Amministrazione alla trasmissione degli atti.
Gli accessi nascono dall’esigenza di verificare il corretto adempimento degli obblighi internazionali nell’ambito delle operazioni di search and rescue da parte del centro di coordinamento nazionale del soccorso marittimo ( IMRCC) .
L’azione si colloca anche nell’ ambito delle attività del gruppo legale di Mediterranea di cui alcuni legali del collegio difensivo fanno parte, tanto che durante i due periodi oggetto della richiesta di accesso civico, la Mare Ionio di Mediterranea Saving Humans si trovava in mare per lo svolgimento delle sue attività di monitoraggio e denuncia.
L’istituto dell’accesso civico
Per la prima volta, di fronte al rigetto del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, il TAR ha fatto luce sul funzionamento dei limiti assoluti e relativi all’accesso civico alle informazioni e ai documenti, come previsto dalla legge 33/2013.
L’istituto dell’accesso civico è previsto dalla legge 33/2013 e permette ad ogni singolo cittadino di richiedere e conoscere gli atti e documenti detenuti presso la pubblica amministrazione, tanto che è lo strumento attraverso cui ciascuno può effettuare un controllo dell’attività e dell’operato della pubblica amministrazione. La stessa sentenza riporta infatti che l’accesso civico è volto ad assicurare a tutti i cittadini la più ampia accessibilità alle informazioni, concernenti l’organizzazione e l’attività delle pubbliche amministrazioni, al fine di attuare il principio democratico e i principi costituzionali di eguaglianza, imparzialità, buon andamento, responsabilità, efficacia ed efficienza nell’utilizzo di risorse pubbliche per la realizzazione di un’amministrazione aperta, al servizio del cittadino.
L’ accesso civico ai documenti è azionabile da chiunque e il diritto ad accedere ai documenti detenuti dalla pubblica amministrazione soggiace a due limiti previsti dalla legge 33/2013. La sentenza ha precisato il contenuto e il funzionamento dei limiti assoluti e limiti relativi all’accesso.
I limiti o esclusioni assoluti
L’art. 5 bis comma 3 del D.lgs 33/2013 prevede che al ricorrere di alcune tassative situazioni l’accesso deve essere rifiutato, tra questi i casi di segreto di Stato e altri divieti di accesso espressamente previsti dalla legge. In questi casi il legislatore ha operato, una generale e preventiva individuazione di esclusioni all’accesso generalizzato. Per opporre questo limite va quindi verificato minuziosamente se il caso specifico rientra nella fattispecie indicata dalla norma.
Nel caso specifico il Ministero aveva ritenuto che le operazioni di soccorso dovessero rientrare tra le operazioni militari e operazioni NATO previste quale limite assoluto dall’art. 1048 del comma 1 lett. q) del D.P.R. 15 marzo 2010 n. 90. Come si vedrà questa ricostruzione è stata esclusa dal giudice.
I limiti o esclusioni relativi
L’ art. 5 bis c. 1 del D.Lgs 33/2013 prevede, inoltre, che la Pubblica Amministrazione possa rifiutare l’accesso alle informazioni e ai documenti se dalla disclosure possa derivare un pregiudizio o un danno ad altri interessi pubblici espressamente indicati, ad esempio alle relazioni internazionali, all’ordine pubblico, alla difesa nazionale, alla politica e stabilità finanziaria dello Stato ecc.
In questo caso la Pubblica Amministrazione non può rigettare automaticamente la richiesta di accesso, ma deve motivare specificamente anche valutando la concretezza e la probabilità del pregiudizio e consentire l’accesso parziale alle informazioni richieste.
Nel caso specifico il Ministero convenuto aveva ritenuto che l’accesso dovesse essere rifiutato in toto in quanto ricorreva il rischio – astratto e generico – di pregiudizio alle relazioni internazionali tra Italia, Libia e Malta, senza neppure permettere l’accesso parziale alle informazioni richieste.
L’accesso parziale
L’art. 5 bis comma 4 D.Lgs 33/2013 infatti prevede che laddove ci sia il rischio concreto e probabile di pregiudizio agli interessi previsti la Pubblica Amministrazione non possa tout court rifiutare la richiesta, ma debba permettere l’accesso parziale ai documenti e alle informazioni, oscurando solo i dati che possono recare danno agli altri interessi pubblici coinvolti, motivando espressamente le singole ragioni di oscuramento anche attraverso una valutazione comparativa di tutti gli interessi coinvolti. Questa la tesi in definitiva sostenuta dal TAR.
Le operazioni di soccorso non sono operazioni militari sottratte alla conoscenza pubblica
La sentenza è innovativa anche perché esclude la ricostruzione del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti secondo cui le operazioni di ricerca e soccorso rientrerebbero tra le eccezioni assolute all’accesso previste dall’ art. 1048 comma 1 lett. q) del D.P.R. 15 marzo 2010 n. 90, ritenendo che le stesse possano configurare attività militari o attività NATO. Il giudice, al contrario, rifiuta l’ assimilazione delle operazioni di salvataggio ad attività militari per la mera ed occasionale possibilità che nelle operazioni di search and rescue siano impiegati dei natanti militari, rimanendo i due ambiti ben distinti.
Infatti le operazioni di soccorso riguardano l’attuazione della Convenzione sulla ricerca ed il salvataggio in mare, (Convenzione S.A.R.), che sancisce l’obbligo di prestare assistenza in mare a persone in pericolo di chiunque possa intervenire, con immediato avviso alle autorità competenti e ulteriore soccorso d’ufficio obbligatorio, che fa capo al Corpo delle Capitanerie di Porto.
Il TAR, inoltre, rileva l’evidente e principale interesse pubblico alla conoscenza dei dettagli delle operazioni di soccorso in quanto le stesse rientrano in un settore di indubbio rilievo civico che ha ampio risalto anche nei mass-media: l’importanza e la frequenza delle operazioni di cui trattasi, nonché la natura dei diritti fondamentali coinvolti, non possono risultare esclusi dall’attuazione del principio di trasparenza.
Il dispositivo
Il TAR ha quindi condannato il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti all’esibizione dei documenti richiesti relativi al carteggio delle operazioni di soccorso avvenute nelle date 5-7 novembre 2018 e 8-12 ottobre 2018, eventualmente criptando solo le parti che possono recare un pregiudizio concreto agli interessi pubblici, motivando puntualmente ed espressamente le singole ragioni di oscuramento anche attraverso una valutazione comparativa di tutti gli interessi coinvolti.
La ragione dell’ accesso alle operazioni di soccorso
La sentenza restituisce alla conoscenza pubblica e al dibattito collettivo l’importante settore delle operazioni di soccorso in mare. Sottratto alla disciplina delle operazioni militari, è ora possibile conoscere le richieste di soccorso pervenute al centro nazionale di coordinamento del soccorso marittimo di Roma ( IMRCC), le istruzioni impartite dallo stesso alle imbarcazioni presenti nel Mar Mediterraneo e il posizionamento delle imbarcazioni rispetto al luogo di invio della richiesta di soccorso.
Invero le due richieste di accesso civico nascono dalla necessità di verificare se l’IMRCC di Roma, una volta ricevuta la richiesta di soccorso da parte di una imbarcazione in difficoltà, abbia correttamente adempiuto agli obblighi internazionali di ricerca e soccorso, in particolare al dovere di inviare la richiesta di soccorso a tutte le navi presenti e vicine alla imbarcazione di difficoltà.
Infatti il centro di coordinamento dei soccorsi italiano, facente capo al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, è tenuto a rispettare precisi obblighi internazionali, ai quali non è mai possibile sottrarsi neppure per contrastanti ordini politici, altrimenti esponendosi a inadempimenti e condotte illegittime.
Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, sentenza del 1° agosto 2019, n. 10202