Di fronte al rischio di grave compromissione dei diritti umani in Afghanistan è dovere del Giudice riconoscere il diritto all’ingresso in Italia per avere protezione.
E’ quanto afferma un’importante ordinanza del Tribunale di Roma che ha accolto il ricorso proposto da due giovani afghani, già giornalisti sotto il precedente governo e impegnati in varie attività culturali, ordinando all’Italia di rilasciare loro visti umanitari.
Il ricorso era stato preceduto da una richiesta formale al Ministero per gli affari esteri, in cui si era evidenziato il concreto pericolo a cui erano esposti i due giovani, ma non è mai stata data alcuna risposta, rendendo necessaria la proposizione del ricorso d’urgenza.
L’ordinanza del Tribunale di Roma è stata emessa il 21 dicembre 2021, dopo avere accertato l’esistenza del rischio imminente e attuale per la permanenza dei due giovani in Afghanistan, riconoscendo loro il diritto al rilascio di visti umanitari ai sensi dell’art. 25 del Codice visti dell’Unione europea.
Disposizione europea che prevede questa possibilità, in via eccezionale, in presenza di motivi umanitari o in virtù di obblighi internazionali, tra i quali indubbiamente il diritto all’asilo politico. Motivi che il Tribunale di Roma ha ritenuto esistenti.
Nonostante la chiarezza dell’ordine giudiziale, il Ministero per gli affari esteri e la cooperazione internazionale (MAECI) sta opponendo una strenua quanto inaccettabile resistenza, proponendo dapprima ai ricorrenti di entrare a far parte dei corridoi umanitari (che ancora devono essere attivati e dunque attendendo mesi se non anni!) e poi di dimostrare con idonea documentazione il percorso di accoglienza e integrazione in Italia con adeguata copertura finanziaria.
Pretese inaccettabili anch’esse, perché fingono di ignorare non solo che già una cittadina italiana ha offerto la propria disponibilità ad ospitare i due giovani afghani, ma anche che ogni richiedente asilo, nel momento in cui diventa tale, ha diritto all’accoglienza pubblica se privo di risorse proprie ed è un obbligo dello Stato renderlo effettivo.
“Il tentativo, palese, dello Stato italiano è di disconoscere e vanificare il significato e la portata giuridica dell’importante pronuncia del Tribunale di Roma, secondo cui, di fronte al rischio di grave compromissione dei diritti umani, è dovere del Giudice riconoscere il diritto all’ingresso in Italia per avere protezione.” afferma l’avvocata Nazzarena Zorzella (ASGI) che ha seguito il ricorso “Diritto che, dunque, non può essere condizionato in alcun modo, con l’unica eccezione dei controlli di sicurezza ordinariamente svolti dallo Stato.
Comportamento, quello del Ministero, che denota una evidente resistenza al rispetto dei diritti fondamentali della persona, in contrasto con gli obblighi costituzionali che per primo dovrebbe rispettare. La battaglia certamente continuerà ma non farà onore allo Stato italiano”.
“L’Italia, come molti Paesi occidentali” conclude Zorzella” ha dimenticato in fretta l’Afghanistan e la sorte dei cittadini che rischiano la vita e/o la gravissima compromissione delle libertà fondamentali in conseguenza della presa al potere dei talebani e il precipitoso abbandono del Paese da parte della coalizione occidentale che lo presidiava da vent’anni.
Non solo per la politica ma anche per i media l’Afghanistan non è più un argomento di primo piano o da trattare, come non lo sono le immani tragedie che si stanno consumando ai confini e dentro l’Unione europea. Notizie che spariscono in pochi giorni, rendendole assuefatte.
Non per questo, tuttavia, il diritto si ferma. “