L’Agenzia dell’Unione europea per i diritti fondamentali: “Necessario distinguere tra i trafficanti di esseri umani e coloro che agiscono in base alla regola imperativa nel campo dei diritti umani di salvare vite umane in mare, sia che agiscano per considerazioni umanitarie e/o in base agli obblighi legali internazionali per il salvataggio in mare”.
Il 27.6.2024 l’Agenzia dell’Unione Europea per i Diritti Fondamentali (FRA) ha pubblicato l’aggiornamento del Rapporto “Search and rescue operations and fundamental rights”.
Il testo muove dalla tragica considerazione che dal 2014 alla fine di maggio 2024, è noto che circa 30.000 persone “sono morte o disperse nel tentativo di attraversare il Mediterraneo per raggiungere l’Europa. Queste persone cercavano di sfuggire alla guerra o alle persecuzioni o di cercare una vita migliore“.
Richiamando succintamente il quadro normativo internazionale ed europeo in materia di diritti umani e obbligo di salvataggio della vita in mare dei naufraghi – ed effettuata una breve disamina degli assetti della flotta civile marittima ed aerea impegnata nelle attività di ricerca e soccorso nel Mare Mediterraneo -, l’aggiornamento sottolinea che diverse imbarcazioni impiegate dalle organizzazioni della società civile non sono state in grado di effettuare operazioni SAR in seguito a ispezioni, indagini o al fermo delle navi da parte delle autorità portuali.
In particolare emerge che dal 2017, Germania, Italia, Malta, Paesi Bassi e Spagna hanno avviato almeno 81 procedimenti amministrativi o penali che riguardano le operazioni SAR in danno della flotta di salvataggio civile. Nella maggior parte dei casi si tratta di misure contro le navi che effettuano operazioni di Search & Rescue; solo una misura su cinque riguarda procedimenti penali contro il personale che lavora per le ONG che impiegano le navi o contro l’equipaggio.
Si specifica che in Italia, in applicazione del d.l. 1/2023, convertito nella legge n. 15/2023, dal luglio 2023 sono stati aperte decine e decine di nuovi procedimenti amministrativi e/o casi giudiziari che attengono o a multe pecuniarie da 2.000 a 10.000 euro o il fermo amministrativo delle navi ovvero ad entrambe le tipologie di sanzioni indicate. Questa nuova normativa, sottolinea l’Agenzia, impone rigorosi requisiti alle operazioni SAR effettuate dalla società civile, tra cui l’obbligo per le navi SAR di dirigersi verso porti designati, spesso distanti dalle aree di soccorso. Ancora, si fa presente che “la legislazione richiede che le navi SAR si dirigano immediatamente al porto assegnato dopo ogni salvataggio, limitando così la loro capacità di salvare altri gruppi di persone in difficoltà nel corso di diversi giorni” e che in alcuni e rilevanti casi le sanzioni sono state imposte dalle autorità italiane in quanto le navi della flotta civile non avrebbero rispettato le indicazioni della Guardia Costiera libica.
Il rapporto contiene una utile lista dei procedimenti in corso (la quale forse necessita di ulteriore aggiornamento, ma certamente è molto chiara), suddivisa anche per Paese e/o per ONG coinvolta.
Il Rapporto non manca di rilevare che i “procedimenti penali, così come le misure amministrative contro le navi impiegate, come il blocco delle navi nei porti a causa di irregolarità tecniche relative alla sicurezza marittima o il loro fermo temporaneo per aver violato la legge nazionale, producono un chilling effect e intimidiscono gli attori della società civile”. Inoltre ricorda che “Le azioni legali contro le ONG e i volontari coinvolti nelle operazioni di salvataggio in mare, basate sul diritto penale o amministrativo nazionale, devono essere attuate in conformità con gli standard internazionali, del Consiglio d’Europa, del diritto dei diritti fondamentali dell’UE e del diritto dei rifugiati. A tal fine, è necessario distinguere tra i trafficanti di esseri umani e coloro che agiscono in base alla regola imperativa nel campo dei diritti umani di salvare vite umane in mare, sia che agiscano per considerazioni umanitarie e/o in base agli obblighi legali internazionali per il salvataggio in mare. Le autorità nazionali e i tribunali devono trovare il giusto equilibrio tra il diritto internazionale e dell’UE applicabile e il diritto nazionale. Le linee guida dell’UNHCR del 2017 sulle operazioni di ricerca e salvataggio in mare, compresa la non penalizzazione di coloro che partecipano a queste attività, e le considerazioni legali dell’UNHCR sui ruoli e le responsabilità degli Stati in relazione al salvataggio in mare, al non respingimento e all’accesso all’asilo (dicembre 2022), forniscono utili indicazioni a questo proposito“.
L’Agenzia dell’UE per i diritti fondamentali raccoglie regolarmente dati sulle operazioni delle navi delle ONG impegnate nella ricerca e nel salvataggio nel Mediterraneo. Ciò include eventuali procedimenti giudiziari a loro carico, nonché eventuali difficoltà nello sbarco dei migranti in porti sicuri. Il presente documento fornisce una panoramica delle indagini penali e degli altri procedimenti giudiziari avviati dagli Stati membri dell’Unione europea (UE) contro le organizzazioni della società civile che impiegano navi e aerei di ricerca e soccorso nel Mediterraneo e/o contro i singoli membri dell’equipaggio. L’ultimo aggiornamento riguarda il periodo dal 2018 fino alla fine di maggio 2024.