Si pubblicano le ordinanze con cui il Tribunale civile di Roma, Diciottesima Sezione, respinge le richieste di visti per motivi umanitari presentate da alcune persone afghane e di altra nazionalità in situazione di pericolo bloccate in paesi di transito.
Le derive di una visione distorta dell’azione umanitaria
Nel corso dell’ultimo anno sono state presentate al Tribunale civile di Roma una serie di richieste d’urgenza per il rilascio di visti d’ingresso con validità territoriale limitata per ragioni di carattere umanitario ai sensi dell’art. 25 del Codice Visti (Regol. 810/2009). Le richieste erano finalizzate a permettere l’ingresso in Italia a persone che, bloccate in paesi di transito, erano esposte a un pericolo grave e immediato per la loro incolumità. In due casi, le persone si trovavano bloccate in paesi quali la Libia e la Tunisia a causa delle politiche di blocco e respingimento delegato attuate grazie alla cooperazione italiana ed europea. Gli altri due ricorsi sono stati invece presentati da persone afghane fuggite dal paese in seguito alla caduta del governo e rimaste bloccate in Pakistan e in Uzbekistan.
In un primo momento il Tribunale di Roma aveva accertato il diritto di due persone afghane a entrare in Italia attraverso il rilascio di visti per motivi umanitari al fine di consentire loro di fuggire dalla situazione di pericolo. Il visto non era inteso quale visto per richiesta asilo ma era finalizzato a proteggere la persona da un rischio imminente e concreto.
Tuttavia, a seguito di reclamo presentato dal MAECI, il Tribunale civile ha radicalmente rivisto la sua posizione, ritenendo di revocare la precedente ordinanza, ampiamente motivando le ragioni di tale cambio di prospettiva.
Il Tribunale ha dunque affermato che:
- L’art. 10, co. 3 Cost. non ha un’applicazione giudiziale diretta perché la norma rinvia alle condizioni di esercizio del diritto. La norma è comunque interamente attuata;
- La normativa italiana non prevede il visto umanitario individuale né il diritto di uno straniero fuori dalla Repubblica di essere ammesso per ricevere protezione internazionale o asilo a meno che non si trovi su una nave battente bandiera italiana
- L’art. 25 Codice visti non può essere applicato per una successiva domanda di protezione e il visto umanitario non è previsto dal diritto italiano né imposto dalla normativa europea.
Pertanto “il suo rilascio non può né essere concesso dalla pubblica amministrazione, tenuta all’osservanza della legge, né venire imposto dall’autorità giurisdizionale, investita del potere-dovere di applicarla, interpretandola in senso costituzionalmente orientato ma senza travalicare i confini della sua operatività”.
- La giurisdizione italiana non si esercita nelle Ambasciate
- Il solo strumento utilizzabile è quello dei corridoi umanitari.
Infine, a chiosa finale e pronunciandosi in generale (cioè al di fuori del caso esaminato), il Tribunale ha affermato che le procedure dei corridoi umanitari richiedono varie attività di accertamento (dei requisiti e di sicurezza) “che devono poter essere adeguatamente svolte e che, a fronte di un gran numero di richiedenti, esigono il rispetto di criteri oggettivi e trasparenti di ordine e priorità, nel rispetto di un generale e non negoziabile principio di par condicio”. Principio che “non può ritenersi ragionevolmente ammissibile, pena un’evidente violazione del principio di eguaglianza e di non discriminazione, ed un’ingiustificata disparità di trattamento a favore di chi può (o riesce a) procurarsi una difesa tecnica, rispetto a coloro che di tale possibilità non dispongono, il ricorso alla tutela cautelare, da parte di soggetti che hanno – o ritengono di avere – i requisiti per accedere a tali “corridoi umanitari”, al fine di ottenere un provvedimento giurisdizionale che permetta loro di “scavalcare la fila” dei numerosi altri richiedenti che, allo stesso titolo, aspettano il turno per usufruire della speciale procedura attivata al fine di sottrarli a pericoli incombenti e gravi”.
Sebbene non sia stato spiegato dal Tribunale perché il rilascio del visto ex art. 25 Codice visti non sia possibile in casi individuali ma solo nell’ambito dei corridoi umanitari, questa motivazione è stata ripresa in tre sentenze successive, in cui, a fronte della richiesta di visto d’ingresso per motivi umanitari è stato indicato di richiedere l’inserimento all’interno dei corridoi umanitari.
A tal proposito occorre però chiarire che i corridoi umanitari sono strumenti creati e gestiti da organizzazioni della società civile, in collaborazione con il Ministero dell’interno, al fine di facilitare l’arrivo in Italia di persone con particolari vulnerabilità e caratteristiche. Si tratta quindi di misure di natura privatistica, che, per le loro stesse caratteristiche, possono garantire l’accesso in Italia a un numero necessariamente limitato di persone. La loro implementazione è resa possibile dalla cooperazione con il Ministero dell’Interno e con il Ministero degli Affari Esteri che di volta in volta autorizzano l’arrivo di un certo numero di persone. Tuttavia, i criteri individuati dalle organizzazioni che attuano questi strumenti non sono sovrapponibili ai criteri individuati dalla normativa per l’ingresso, poiché sono dipendenti anche da ulteriori fattori, quali la possibilità di accoglienza delle organizzazioni della società civile, i luoghi in cui operano, e altri criteri di natura interna.
Le decisioni qui pubblicate sembrano dirci quindi che i corridoi sono l’unico strumento di ingresso legale in Italia per persone in evidente stato di bisogno o di particolare vulnerabilità a causa di loro esposizione a lesioni di diritti fondamentali.
Se così fosse, il diritto di una persona esposta ai medesimi rischi di coloro che rientrano, perchè selezionati, all’interno dei corridoi umanitari, sarebbe privo di effettiva tutela, nonostante sia noto e pacifico che lo status di protezione internazionale o di asilo politico costituzionale si integrano al verificarsi dei fattori di rischio e il riconoscimento di uno di detti status è solo accertativo di ciò che è già avvenuto.
Inoltre, se legittimati i soli corridoi umanitari, le persone potenzialmente richiedenti asilo o comunque bisognose di protezione sarebbero indebitamente ristrette e compresse all’interno di categorie non definite per legge ma che sono dipendenti (selezionate) dalle necessità organizzative e logistiche delle organizzazioni che, con grande dispendio di energie, forze e risorse, si attivano per fornire strumenti che nascono e si sviluppano come misure ulteriori e da affiancare a quelle dello Stato e non con il fine di sostituirsi alle doverose quanto ineliminabili prerogative statali in materia di ingressi.
Legittimare i soli corridoi umanitari è un ulteriore tassello in un quadro in cui la protezione così come l’accoglienza delle persone richiedenti asilo è sempre più privatizzata e sempre meno espressione di una prerogativa dello Stato.
Le Ordinanze
Ordinanza del Tribunale Ordinario di Roma, del 7 aprile 2022: rigetto visto umanitario per cittadino del Sud Sudan
Ordinanza del Tribunale Ordinario di Roma, del 7 aprile 2022: rigetto visto umanitario per cittadino afghano
Ordinanza del Tribunale Ordinario di Roma, del 25 marzo 2022: rigetto visto umanitario per cittadino della Sierra Leone
Ordinanza del Tribunale Ordinario di Roma, del 25 febbraio 2022: rigetto visto umanitario per cittadino afghano
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