Trasparenza e Accesso Civico: il TAR Veneto accoglie il ricorso ASGI contro il Ministero dell’Interno

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Con la sentenza n. 2548 del 29 ottobre 2024, il TAR Veneto ha accolto il ricorso presentato dall’ASGI contro il Ministero dell’Interno, stabilendo che la Pubblica Amministrazione è tenuta a soddisfare le richieste di accesso civico generalizzato, a meno che non comportino un aggravio per le normali attività degli uffici, che la stessa deve dimostrare. Questa decisione rappresenta un passo importante, in particolare per il settore dell’immigrazione.

L’istanza di accesso aveva ad oggetto il numero di domande di protezione internazionale inoltrate alla Commissione Territoriale (CT) di Verona – Sezione di Vicenza dalla sola Questura di Vicenza, negli anni 2022-2023-2024, disaggregate per mese. La richiesta era stata inviata dall’ASGI nell’ambito del progetto per contrastare prassi illegittime nella Pubblica Amministrazione, utilizzando l’accesso civico generalizzato (FOIA – Freedom of Information Act) come strumento per monitorare il funzionamento degli uffici pubblici.

La CT aveva rifiutato di fornire i dati sostenendo che la richiesta comportasse una rielaborazione dei dati troppo onerosa a cui la stessa Commissione non era tenuta, in forza del principio secondo cui “la pubblica amministrazione non è tenuta ad elaborare dati in suo possesso al fine di soddisfare le richieste di accesso”, sancito in materia di accesso “classico” dall’art. 2, comma 2, del d.P.R. 184 del 2006 e ribadito, per l’accesso civico generalizzato, nelle Linee guida ANAC citate dall’amministrazione (par 4.2 “Pertanto, l’amministrazione non ha l’obbligo di rielaborare i dati ai fini dell’accesso generalizzato”). Il diniego era stato confermato in sede di riesame dal Responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza, il quale aveva così motivato: “l’amministrazione non ha l’obbligo di rielaborare i dati … ma solo di consentire l’accesso ai documenti nei quali siano contenute le informazioni già detenute e gestite dall’amministrazione stessa”.

Con la sentenza del 29 ottobre, il TAR Veneto chiarisce, in primo luogo, la differenza tra i diversi oggetti che può avere un’istanza di accesso civico generalizzato: documenti amministrativi – registrazioni di informazioni in forma organizzata e strutturata, corrispondenti al contenuto di preesistenti atti (cfr. art. 22 della l. 241 del 1990) – ma anche di meri “dati” (art. 5, comma 2 del d.lgs. 33/2013), da intendersi come unità informative elementari, che siano in possesso della pubblica amministrazione” e sulla base di questa distinzione, accerta l’illegittimità del diniego opposto dalla CT di Verona – Sez. Vicenza all’istanza di ASGI poiché “L’accesso ad un dato – diversamente dall’accesso ad un documento – non può quindi essere aprioristicamente negato per il solo fatto di richiedere una “elaborazione” di informazioni, sul presupposto che essa sia sempre inesigibile dall’amministrazione, dovendo piuttosto distinguersi a seconda della portata che tale attività assume nel caso concreto”. L’onere di provare che questa attività di estrazione dati sia troppo onerosa spetta quindi all’amministrazione, in quanto eccezione alla regola chiarita dal TAR. 

Peraltro, nel ricorso, l’ASGI non solo ha dimostrato che i dati richiesti erano facilmente accessibili, mediante l’utilizzo di specifiche chiavi di ricerca, dall’archivio informatico Vestanet che già li contiene, ma ha anche provato in concreto l’illegittimità del diniego, fornendo il riscontro positivo di un’altra CT alla medesima istanza.

Sul punto, il Collegio giudicante sottolinea che principi di collaborazione e buona fede impongono all’Amministrazione di soddisfare le richieste degli interessati non solo quando siano di immediata e automatica attuazione, ma anche quando – pur richiedendo un’attività ulteriore – non siano irragionevoli, né costituiscano un effettivo aggravio per le ordinarie attività degli uffici.

Il TAR definisce quella che la Commissione di Verona – Sez. Vicenza avrebbe dovuto compiere come “una minima attività di selezione e “filtraggio” delle informazioni in possesso dell’amministrazione, che essa deve ritenersi obbligata a svolgere” e ordina di trasmettere i dati richiesti entro 30 giorni dalla comunicazione o notificazione della sentenza. 

La sentenza è dunque particolarmente importante perché chiarisce, rispetto ad uno strumento di conoscibilità dell’azione amministrativa e di essenziale scambio tra cittadine e cittadini e Pubblica Amministrazione, le fondamentali declinazioni di un diritto molto ampio, spesso negato dalla Pubblica Amministrazione sulla base di motivazioni meramente di principio.      

La sentenza è infine un precedente molto utile, soprattutto nel settore dell’immigrazione, in cui il contrasto alle diffuse prassi illegittime non può prescindere dall’accesso ai dati che, sulla base di pronunce come questa, sarà forse sempre più difficile negare.

Il progetto contro le prassi illegittime della pubblica amministrazione è un’iniziativa di stampo laboratoriale che mira a individuare, analizzare e contrastare le pratiche illegittime adottate dalle istituzioni pubbliche a livello nazionale. In questa fase, l’azione si concentra in particolar modo sull’accesso all’asilo e al permesso di soggiorno.

Foto di Thiago Matos da Pexels

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