Violenza di genere: applicazione della Convenzione di Istanbul

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Nella valutazione della violenza di genere deve tenersi conto anche delle pressioni psicologiche e libertà di autodeterminazione della vittima. Con decreto inaudita altera parte del 18.1.2021 Il Tribunale di Bari ordina alla locale Questura il rilascio del permesso di soggiorno ai sensi dell’art. 18-bis d.lgs. 286/98 (permesso di soggiorno per vittime di violenza domestica), istituto introdotto nel testo unico immigrazione dall’art. 4, comma 1, del D.L. 14 agosto 2013, n. 93, convertito, con modificazioni, dalla Legge 15 ottobre 2013, n. 119 (recante disposizioni urgenti in materia di sicurezza e per il contrasto della violenza di genere).


Decreto del Tribunale di Bari, 18 gennaio 2021


La rilevanza giuridica del decreto è almeno duplice:

– innanzitutto da concreta attuazione alla disposizione del testo unico immigrazione suindicata, collocando ed interpretando la norma nazionale alla luce dell’art. 59 della Convenzione di Istanbul del 2011 (sottoscritta dall’Italia nel 2012 e ratificata con l. 77/2013), ovvero del primo strumento internazionale giuridicamente vincolante “sulla prevenzione e la lotta alla violenza contro le donne e la violenza domestica;

– in secondo luogo il decreto si caratterizza per la sua assoluta novità, non risultando altri provvedimenti della giurisprudenza italiana che abbiamo accertato e dichiarato il diritto delle vittime di violenza domestica al rilascio del permesso di soggiorno ai sensi dell’art. 18 bis TUI.

Come noto il permesso di soggiorno per le vittime di violenza domestica è rilasciato dal questore a seguito della acquisizione del parere da parte della locale Autorità giudiziaria (pubblico ministero). Nel caso specifico, come emerge dalla lettura del decreto, il pubblico ministero aveva espresso parere sfavorevole al rilascio del permesso di soggiorno in assenza di un “accertamento giudiziale e definitivo in ordine ai fatti di violenza domestica denunciati“. Il Tribunale di Bari ritiene errata tale interpretazione dell’art. 18 bis, d.lgs. 286/98 e specifica i canoni ermeneutici cui attenersi richiamando la già citata Convenzione e gli artt. 10 e 117 Cost.. Si legge, inoltre, che “il pericolo per l’incolumità debba essere inteso quale diritto alla salvaguardia della integrità personale della vittima oggetto di tutela della norma, tale da ricomprendere anche le possibili pressioni psicologiche che, pur non connotate da atti di lesione che attingano il fisico della persona, influiscano – per decisione del denunciato e per l’insorgere conseguente e inevitabile di situazioni di difficoltà – sulla libertà di autodeterminazione della vittima anche rispetto alle sue scelte di vita, non ultime quelle riguardanti la libertà di autodeterminazione nel corso delle indagini e/o del processo, considerando che la vittima migrante si trova pure in una condizione generale di maggiore debolezza, sia per la mancanza di figure familiari di vicinanza e di sostegno, sia per il rischio di perdere definitivamente la possibilità di usufruire del permesso di soggiorno ottenuto per ricongiungimento e quindi di dovere interrompere il processo di integrazione in corso e di dovere ritornare in patria riportando con sè i figli, ponendo anche questi ultimi in una condizione di sofferenza“.


Trattandosi di un provvedimento ampiamente motivato, benchè non definitivo, si ritiene utile la sua pubblicazione.


Si ringrazia l’Avv. Dario Belluccio per la segnalazione.

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