E’ illegittimo il diniego di visto per ricongiungimento familiare effettuato dal consolato italiano qualora, a seguito di adeguata istruttoria, si accerti l’infondatezza della natura strumentale del matrimonio assertivamente celebrato al solo scopo di consentire l’ingresso in Italia dello straniero.
Ricongiungimento familiare – domanda di ricongiungimento di cittadino etiope riconosciuto rifugiato con la moglie cittadina eritrea – rilascio del nulla osta – diniego di visto – ritenuta strumentalità del matrimonio da parte del consolato italiano effettuato al solo scopo di consentire l’ingresso e il soggiorno in Italia (art. 29, co. 9, D.Lgs. 286/98) – ricorso ex art. 30, D.Lgs. 286/98 – oneri probatori – sussistenza di ampie convergenze istruttorie circa l’infondatezza dell’elemento ostativo – riconoscimento cultura straniera – accoglimento della domanda
Il commento dell’avv. Dario Belluccio
Nel ricostruire la fattispecie del ricongiungimento familiare del rifugiato politico alla luce della normativa internazionale, comunitaria e nazionale, il Tribunale di Bari (dott.ssa V. D’Aprile) è chiamato a valutare la legittimità del diniego al rilascio del visto di ingresso in favore della moglie del richiedente da parte del competente Ufficio consolare italiano che aveva ritenuto non veritiero il rapporto di coniugio tra le parti.
Secondo il Tribunale “Deve dunque esaminarsi il requisito negativo, ossia l’insussistenza del principale ostacolo di ordine sostanziale alla concessione del ricongiungimento previsto dallo stesso art. 29, al co. 9, d.lgs. 286/98 e, cioè, che risulti “accertato” che il matrimonio abbia avuto luogo “allo scopo esclusivo di consentire all’interessato di entrare o soggiornare nel territorio dello Stato””
Nel farlo il giudice affronta incidentalmente la questione del relativismo nel riconoscimento di valori giuridici e culturali stranieri, allorquando afferma che “La distanza tra culture, a volte, impedisce di comprendere a fondo le radici e i tratti distintivi del costume sociale e dell’identità morale, individuale e collettiva, degli appartenenti a comunità ed etnie diverse. Sicché non può assimilarsi l’idea di frequentazione abituale, di intimità di rapporti personale e di convivenza propri della cultura occidentale al percorso che precede e determina la scelta matrimoniale in altri Paesi. Non è d’altronde una rarità, nei paesi del corno d’Africa, la tradizione dei matrimoni combinati tra le famiglie sin dalla nascita dei nubendi”.
Infine il Giudice da importanti indicazioni in tema di oneri della prova: “Infine, va considerato che il vaglio richiesto dall’art. 29, co. 9, d.lgs. 286/1998 impone all’autorità amministrativa e poi a quella giurisdizionale di respingere la richiesta di ricongiungimento solo “se è accertato” che il matrimonio è stato fittizio. Si esprime dunque un requisito in positivo, dovendosi, viceversa, ritenere nella fattispecie l’esistenza di ampie risultante istruttorie convergenti in direzione contraria al citato elemento ostativo. In conclusione, può ritenersi sussistente il diritto del ricorrente al ricongiungimento familiare con il coniuge. Spetterà all’autorità amministrativa competente al rilascio del visto di ingresso provvedervi in concreto uniformandosi alla presente statuizione dichiarativa del relativo diritto”