Cittadinanza italiana: Il TAR Emilia Romagna solleva la questione di legittimità costituzionale della norma che impone il test di lingua italiana anche alle persone con disabilità

Secondo il Tribunale amministrativo la condizione personale di grave disabilità, declinantesi in un deficit cognitivo e di apprendimento e di invalidità grave, tale da impedire l’apprendimento della lingua italiana, non dovrebbe essere preclusiva della concessione della cittadinanza italiana

La vicenda ha origine presso la prefettura di Reggio Emilia la quale ha dichiarato inammissibile l’istanza di concessione della cittadinanza a una signora invalida in ragione della circostanza che «dall’istruttoria esperita è emerso che il requisito di un’adeguata conoscenza della lingua italiana risulta non soddisfatto nei modi previsti dalla normativa».

Secondo il Tar, tuttavia, l’esercizio del potere discrezionale dell’amministrazione non può essere privo di limiti. Nel caso portato all’attenzione del giudice amministrativo, la ricorrente si trovava in una situazione di oggettiva impossibilità di sostenere l’esame di lingua italiana, a causa del deficit cognitivo attestato da certificazione della AUSL di Reggio Emilia e connesso non solo all’età, ma anche all’invalidità civile per come certificata con documentazione rilasciata dall’INPS.

Il Tribunale Amministrativo ha ritenuto rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 9.1. L. n. 91/1992, nella “parte in cui non consente l’acquisizione della cittadinanza ove la mancata conoscenza della lingua italiana dipenda da una condizione di disabilità, di deficit cognitivo e invalidità tali da precludere ab imis l’apprendimento linguistico.

Quanto alla rilevanza della questione, viene sottolineato nell’ordinanza di rimessione, come il mancato superamento del test di lingua venga assunto quale elemento preclusivo alla concessione della cittadinanza, senza che sia ammessa alcuna forma di eccezione.

Quanto alla non manifesta infondatezza, il giudice amministrativo ritiene che la norma che obbliga il superamento del test di lingua italiana contrasti in primis con l’art. 2 della Costituzione, che riconosce i diritti inviolabili dell’uomo, “in una prospettiva sia personalistica che pluralistica.
Ed infatti non permettere ad un soggetto invalido e affetto da deficit cognitivo certificato l’acquisizione di un diritto fondamentale, qual è lo status di cittadino, dal momento che non è in grado di apprendere la lingua italiana (non per mancanza di volontà, ma per oggettiva ed insuperabile incapacità dovuta alle condizioni psicofisiche) significherebbe, in definitiva, non “garantire” tale diritto, escludendo il soggetto invalido e portatore di deficit cognitivo dall’inserimento completo ed effettivo nella collettività alla quale oramai appartiene, solo a causa dell’impedimento determinato da condizioni psicofisiche.

La norma contrasterebbe altresì con l’art. 3 Cost. atteso che l’applicazione della disposizione normativa è idonea a determinare una ingiustificata disparità di trattamento tra soggetti “sani”, in quanto non affetti da alcun disturbo cognitivo e invalidità, e soggetti “non sani”, ai quali, proprio a causa di una condizione psicofisica di natura personale.

Vengono infine in rilievo, secondo il giudice amministrativo, profili di contrasto con l’Art. 38 (diritto all’assistenza sociale per gli inabili al lavoro) e con il quadro normativo sovranazionale (in particolare con la Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità che l’Italia è tenuta ad osservare ai sensi dell’art. 10 e 117 Cost. )


L’ordinanza di rimessione