Violazioni dei diritti nell’hotspot di Lampedusa, cosa dice la sentenza della Corte europea per i Diritti Umani

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immagine della sala della corte europea dei diritti umani

La CEDU condanna l’Italia per gli effetti dell’”approccio hotspot” : a Lampedusa violazioni del divieto di trattamenti inumani e degradanti, detenzione arbitraria e violazione del divieto di espulsioni collettive.

Il 30 marzo la CEDU ha pubblicato la sentenza J.A. e al. c. Italia con cui l’Italia viene condannata per la violazione degli articoli 3, 5 e 13 della Convezione EDU.

I ricorrenti

Il ricorso, patrocinato dalle avvocate Lucia Gennari e Loredana Leo, è stato presentato da quattro cittadini tunisini con il supporto di ASGI, ARCI e FTDES (Forum Tunisien pour les droits economiques e Sociaux) nel 2018, per fatti che risalgono all’anno precedente. Nel procedimento erano intervenuti anche il Garante Nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale, l’International University College of Turin – Legal Clinic on Human Rights and Migration Law, OMCT – World Organisation Against Torture, International Detention Coalition, L’altro diritto.

I fatti

Nell’ottobre 2017 i quattro ricorrenti, insieme ad altri cittadini tunisini, erano stati soccorsi e trasferiti nell’hotspot di Lampedusa dopo aver rischiato il naufragio nel tentativo di raggiungere l’Italia. Qui, sono stati trattenuti di fatto per dieci giorni, senza ricevere informazioni sulla loro condizione giuridica o sul diritto a chiedere asilo, in condizioni di estremo disagio, dormendo all’aperto, senza possibilità di privacy, senza bagni funzionanti a sufficienza per il numero di persone presenti (troppo alto per la capienza del centro). Successivamente, essendo stati informalmente classificati come migranti “irregolari” grazie alle attività di pre-identificazione e alla sommaria compilazione del “foglio notizie”, sono stati prelevati dall’hotspot, costretti a firmare la relata di notifica di un provvedimento di respingimento differito di cui non hanno ricevuto copia, trasferiti all’aeroporto di Palermo, ammanettati con le fascette di velcro, e ricondotti forzatamente in Tunisia il giorno stesso.

La decisione della CEDU

La Corte ha stabilito che:

  • sulla base di quanto sostenuto dai ricorrenti, confermato dai numerosi rapporti incluso quelli del Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale e non smentito in modo fondato dal Governo, le condizioni di sovraffollamento e carenza di garanzie e servizi all’interno dell’hotspot di Lampedusa costituiscono una violazione dell’art. 3 CEDU (Divieto di tortura e trattamenti inumani e degradanti). La Corte precisa, altresì, che l’eventuale situazione di arrivi contingenti e ravvicinati di cittadini stranieri in Italia non giustifica le condizioni degradanti in cui sono stati trattenuti i ricorrenti.
  • Nonostante all’epoca fosse ancora possibile uscire clandestinamente dalla struttura grazie al noto buco nella recinzione, ciò non era sufficiente a garantire la piena libertà di circolazione. Pertanto, non trovando alcuna base di legge, il trattenimento dei cittadini stranieri nell’hotspot di Lampedusa ha prodotto la violazione dell’art. 5 CEDU (diritto alla libertà e alla sicurezza).
  • Non c’è prova del fatto che la condizione individuale dei ricorrenti sia stata presa in adeguata considerazione o che loro abbiano avuto la possibilità di difendersi in concreto avverso il provvedimento di allontanamento: né la sottoscrizione della relata di notifica né la compilazione del foglio notizie sono state considerate elementi sufficienti a soddisfare la garanzia fornita dall’art. 4 prot. 4 CEDU che vieta le espulsioni collettive, che si assume violato nel caso di specie.

Perché è una sentenza importante

Si tratta di una decisione particolarmente importante i cui principi si configurano di stretta attualità dal momento che il trattenimento di fatto all’interno dell’hotspot di Lampedusa continua ad essere attuato in modo continuo ed indiscriminato e le condizioni di trattenimento all’interno dello stesso sembrano essere ancora in contrasto con quanto stabilito all’art. 3 CEDU.


In un video a cura di Angela Nittoli le interviste alle avvocate che hanno portato le violazioni ai diritti nell’hotspot di Lampedusa alla Corte Europea per i Diritti Umani (CEDU).

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