La Corte Costituzionale rinvia alla CGUE la esclusione dei titolari di permesso unico lavoro dall’assegno sociale

La vicenda dell’accesso degli stranieri all’assegno sociale continua a navigare nell’incertezza tra contrastanti opinioni delle alte Corti. Secondo la Cassazione (ordinanza 8.3.2023 con la quale è stata sollevata questione di costituzionalità) non vi sono dubbi che la esclusione dei titolari di permesso unico lavoro dall’assegno sociale sia in contrasto con l’art. 12 direttiva 2011/98 perché detto articolo garantisce la parità di trattamento ai titolari di detto permesso in tutti i “settori di sicurezza sociale” di cui al Regolamento 883/04 e tra detti settori rientrano anche le prestazioni sociali di carattere non contributivo di cui all’art. 70 del Regolamento stesso, tra le quali l’Italia ha espressamente incluso (inserendolo nell’allegato X) l’assegno sociale.

La scelta dell’incidente di costituzionalità (in luogo della disapplicazione) derivava, nell’impostazione della Cassazione, non da dubbi circa la portata della direttiva, ma dalla individuazione di ulteriori parametri che la Cassazione ha individuato nell’art. 34 CDFUE (del quale la direttiva sarebbe espressione) e  negli artt. 3 e 38 Cost. Richiamata la ormai consolidata giurisprudenza della Corte Costituzionale secondo la  quale, in caso di tutela congiunta da parte del diritto derivato e di norme costituzionali, deve essere privilegiato il controllo accentrato da parte del giudice delle leggi.

L’ordinanza della Cassazione si poneva dunque in contrasto con la sentenza n. 50/2019 della Corte  Costituzionale che, se pure non investita direttamente della questione, aveva negato l’esistenza del predetto contrasto sulla base della affermazione (in realtà, per nulla decisiva)  secondo la quale nell’assegno sociale non viene in questione la condizione di lavoratore.

Ora la Corte costituzionale si vede “costretta” a rivedere in parte la sua posizione ritenendo evidentemente che sussista quantomeno un dubbio interpretativo circa la portata dell’art. 12. Lo fa tuttavia motivando ampiamente (e sorprendentemente) in senso contrario e ciò perché – sembra di capire dalla motivazione, punto 7.5  –  nell’ipotesi formulata dalla Cassazione i cittadini extra UE titolari di permesso unico lavoro si troverebbero  in condizione più favorevole dei cittadini UE : argomentazione in realtà assai poco convincente.

Non resta che attendere la decisione della Corte UE.

Nel frattempo è comunque opportuno che tutti i titolari di permesso unico lavoro che sono titolari dei requisiti (67 anni e reddito inferiore a 6.947,00 per il 2024) propongano domanda in modo da beneficiare di una eventuale pronuncia favorevole della Corte Europea (posto che, in tale ipotesi, il diritto decorrerebbe comunque dalla domanda).


L’ordinanza n. 29/2024