Conclusioni dell’avvocato CGUE: nel naufragio Al Salam Boccaccio i superstiti e familiari delle vittime possono chiedere risarcimento in Italia

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L’avvocato generale Szpunar propone alla Corte di giustizia Ue di dichiarare che le vittime del naufragio di una nave battente bandiera panamense possono rivolgersi ai giudici italiani per un’azione di responsabilità contro gli enti italiani che hanno classificato e certificato tale nave.

Secondo l’avvocato generale della Corte di giustizia Ue, i superstiti e i familiari del naufragio della barca Al Salam Boccaccio, avvenuto nel 2003 nel Mar Rosso, possono chiedere risarcimento a Rina SpA e all’Ente registro italiano navale, in quanto sono loro ad aver classificato e certificato la nave battente bandiera panamense. Il Rina e l’Ente registro italiano navale affermano invece di aver agito in qualità di delegati della Repubblica di Panama, Stato sovrano e bandiera battente della Al Salam Boccaccio 98, e hanno chiesto di far valere l’immunità giurisdizionale.

Si specifica che le conclusioni dell’avvocato generale non vincolano la decisione della Corte europea.


Il Comunicato stampa della Corte di giustizia dell’Unione europea

L’avvocato generale Szpunar propone alla Corte di dichiarare che le vittime del naufragio di una nave battente bandiera panamense possono rivolgersi ai giudici italiani per un’azione di responsabilità contro gli enti italiani che hanno classificato e certificato tale nave

Il 3 febbraio 2006, nelle acque internazionali del Mar Rosso, oltre 1.000 persone sono state vittime del naufragio della nave Al Salam Boccaccio 98, battente bandiera panamense.

Nel 2013, i superstiti ed i famigliari delle vittime decedute hanno adito il Tribunale di Genova (Italia), chiedendo di condannare la Rina SpA e l’Ente Registro Italiano Navale – organismi con sede a Genova (Italia) – al risarcimento dei danni patrimoniali e morali subiti. Essi sostengono, in particolare, che le operazioni di certificazione e di classificazione della nave[1] effettuate da detti organismi siano all’origine del naufragio.

La Rina SpA e l’Ente Registro Italiano Navale affermano di aver agito in qualità di delegati della Repubblica di Panama, Stato sovrano, e fanno valere l’immunità giurisdizionale.

In tale contesto, il Tribunale di Genova chiede alla Corte di giustizia se esso debba rinunciare a conoscere della controversia in ragione di detta eccezione di immunità oppure se debba applicare il regolamento «Bruxelles I»[2] ed esercitare la propria competenza quale giudice del luogo in cui l’ente contro il quale la domanda è proposta è domiciliato o ha la propria sede.

Nelle sue conclusioni odierne, l’avvocato generale Maciej Szpunar ritiene, anzitutto, che le questioni pregiudiziali siano ricevibili, sebbene una delle parti faccia valere la propria immunità, in quanto la Corte è chiamata, in particolare, ad interpretare il regolamento «Bruxelles I»[3].

L’avvocato generale richiama, poi, la giurisprudenza della Corte[4] secondo cui l’immunità giurisdizionale degli Stati, riconosciuta dal diritto internazionale, non è assoluta. Infatti, in generale, essa è riconosciuta quando la controversia riguarda atti compiuti nell’esercizio di pubblici poteri. Essa è, invece, esclusa se la causa verte su atti che non rientrano nell’esercizio di pubblici poteri. L’avvocato generale spiega che il diritto internazionale non impedisce ai legislatori di adottare norme sulla competenza applicabili alle controversie nelle quali una delle parti può avvalersi dell’immunità giurisdizionale. Ciò che il diritto internazionale esige è che non si eserciti la giurisdizione nei confronti di una tale parte contro la sua volontà.

L’avvocato generale constata che l’ambito di applicazione del regolamento «Bruxelles I» riguarda le controversie rientranti nella materia civile e commerciale. Tale ambito esclude, in particolare, la materia fiscale, doganale ed amministrativa o la responsabilità di uno Stato per atti compiuti nell’esercizio di pubblici poteri[5]. Di conseguenza, in linea di principio, le azioni dirette ad ottenere il risarcimento di un danno ricadono nell’ambito di applicazione del regolamento «Bruxelles I». Tuttavia, se un atto in relazione al quale si deduce la responsabilità costituisce esplicazione di pubblici poteri in virtù dell’esercizio di poteri che esorbitano dalla sfera delle norme applicabili ai rapporti tra privati, ci si colloca al di fuori della «materia civile e commerciale» e, dunque, dell’ambito di applicazione del regolamento «Bruxelles I».

L’avvocato generale valuta, successivamente, se le operazioni di classificazione e di certificazione di una nave costituiscano una simile esplicazione di pubblici poteri. Orbene, il fatto che tali operazioni siano state delegate da uno Stato, effettuate per conto e nell’interesse di uno Stato o compiute in esecuzione degli obblighi internazionali di uno Stato non comporta necessariamente l’esistenza di una manifestazione di pubblici poteri e, dunque, non esclude l’applicazione del regolamento «Bruxelles I». L’avvocato generale constata, in particolare, che l’amministrazione panamense ha delegato agli enti italiani interessati delle attività di natura tecnica. Di conseguenza, le operazioni di classificazione e di certificazione in questione non possono essere considerate esplicazioni dell’esercizio di prerogative dei pubblici poteri[6]. Conseguentemente, un’azione di risarcimento danni diretta contro gli enti che hanno compiuto simili operazioni rientra nell’ambito di applicazione del regolamento «Bruxelles I».

L’avvocato generale esamina, infine, l’effetto dell’immunità giurisdizionale, ai sensi del diritto internazionale, sull’esercizio di tale competenza da parte dei giudici nazionali. L’avvocato generale precisa che la Corte è competente ad interpretare il diritto internazionale nella misura in cui quest’ultimo può incidere sull’interpretazione del diritto dell’Unione. L’avvocato generale rileva quindi che non sussiste inequivocabilmente una norma di diritto internazionale consuetudinario – vale a dire una prassi effettiva accettata come se fosse una norma vincolante[7] – che permetta agli enti di classificazione e di certificazione come quelli interessati di avvalersi dell’immunità giurisdizionale degli Stati in circostanze come quelle del caso di specie.

Nell’ipotesi in cui la Corte non condivida la sua analisi, l’avvocato generale osserva che le disposizioni del regolamento «Bruxelles I» devono essere interpretate nel senso che garantiscano l’accesso alla giustizia[8], rispettando al contempo il diritto internazionale. Orbene, l’immunità giurisdizionale costituisce una limitazione dell’accesso alla giustizia. In generale, una simile limitazione, giustificata dallo scopo di favorire le buone relazioni tra Stati, non è sproporzionata allorché rispecchia principi di diritto internazionale generalmente riconosciuti. Considerato che non vi sono dubbi in ordine alla sussistenza dell’accesso effettivo ai tribunali panamensi, il diritto di accesso ai tribunali non osterebbe pertanto a che il Tribunale di Genova riconosca l’immunità giurisdizionale della Rina SpA e dell’Ente Registro Italiano Navale.

IMPORTANTE: Le conclusioni dell’avvocato generale non vincolano la Corte di giustizia. Il compito dell’avvocato generale consiste nel proporre alla Corte, in piena indipendenza, una soluzione giuridica nella causa per la quale è stato designato. I giudici della Corte cominciano adesso a deliberare in questa causa. La sentenza sarà pronunciata in una data successiva.

IMPORTANTE: Il rinvio pregiudiziale consente ai giudici degli Stati membri, nell’ambito di una controversia della quale sono investiti, di interpellare la Corte in merito all’interpretazione del diritto dell’Unione o alla validità di un atto dell’Unione. La Corte non risolve la controversia nazionale. Spetta al giudice nazionale risolvere la causa conformemente alla decisione della Corte. Tale decisione vincola egualmente gli altri giudici nazionali ai quali venga sottoposto un problema simile.


[1] Le attività di classificazione consistono nel rilascio di un certificato di classe attestante che una nave è costruita conformemente alle regole di classe e mantenuta in uno stato conforme a queste ultime. Il conseguimento di tale certificato è un presupposto del conseguimento della certificazione statutaria, rilasciata dallo Stato di bandiera o, a nome di quest’ultimo, da parte di un ente autorizzato a tale scopo. La certificazione statutaria attesta che la nave soddisfa i requisiti che discendono dalle convenzioni internazionali in materia di sicurezza marittima e di prevenzione dell’inquinamento marino.

[2] Regolamento (CE) n. 44/2001 del Consiglio, del 22 dicembre 2000, concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale (GU 2001, L 12, pag. 1). Tale regolamento è stato abrogato dal «regolamento Bruxelles I bis», ossia il regolamento (UE) n. 1215/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2012, concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale (GU 2012, L 351, pag. 1). Tuttavia, il regolamento Bruxelles I continua a trovare applicazione nel caso di specie.

[3] Sentenze della Corte del 15 febbraio 2007 nella causa C-292/05, Lechouritou (vedasi comunicato stampa n. 15/07) e del 19 luglio 2012 nella causa C-154/11, Mahamdia (vedasi comunicato stampa n. 103/12).

[4] Sentenza Mahamdia citata nella precedente nota a piè di pagina n. 3.

[5] Quest’ultima ipotesi, esplicitamente prevista dal regolamento «Bruxelles I bis» (nota a piè di pagina n. 2), era già riconosciuta dalla giurisprudenza della Corte durante la vigenza del regolamento «Bruxelles I».

[6] L’interpretazione proposta dall’avvocato generale è coerente con la direttiva 2009/15/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2009, relativa alle disposizioni ed alle norme comuni per gli organismi che effettuano le ispezioni e le visite di controllo delle navi e per le pertinenti attività delle amministrazioni marittime (GU 2009, L 131, pag. 47). Tale direttiva, entrata in vigore dopo i fatti in esame e dunque inapplicabile nel caso di specie, al considerando 16, stabilisce che l’immunità è una «prerogativa che può essere invocata dai soli Stati membri, quale inseparabile diritto di sovranità che come tale non può essere delegato».

[7] Una norma di diritto internazionale consuetudinario sussiste, in particolare, in presenza di una prassi effettiva accompagnata da un’opinio iuris, ossia dall’accettazione di una norma come diritto. Le direttive dell’Unione ed anche i loro «considerando» contribuiscono alla formazione o all’espressione del diritto internazionale consuetudinario

[8] Tale diritto è garantito dall’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea e dall’articolo 6, paragrafo 1, della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali.


Conclusioni dell’Avvocato Maciej Szpunar

Comunicato stampa della Corte di giustizia dell’Unione europea


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Foto di succo, da Pixabay.

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