Divieto di accesso agli avvocati in Questura: Un ostacolo al diritto alla difesa delle persone straniere

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Nonostante quello ad avvalersi dell’assistenza legale sia un diritto fondamentale direttamente discendente da principi di rango costituzionale e sovranazionale, in diverse Questure italiane è da anni in voga la prassi di vietare di fatto l’accesso allз legali delle persone straniere durante le procedure volte al rilascio o rinnovo di permessi di soggiorno. Tra queste vi è la Questura di Milano. 

A decorrere dal 2016, infatti, disposizioni della Questura vieterebbero l’accesso allз avvocatз, una prassi illegittima limitativa del diritto alla difesa che proprio di recente è tornata agli onori della cronaca con nuove segnalazioni. Nel tentativo di chiarire i presupposti legittimanti tale divieto e di ottenere lo specifico provvedimento che lo contiene è stata presentata istanza di accesso civico generalizzato ex art. 5 co. 2 D. lgs. 33/2013 alla Questura di Milano. Nella sua risposta l’amministrazione – riferendosi al ruolo dei legali – sostiene che “consentire l’accesso a soggetti che non vi hanno titolo – in quanto diversi dall’interessato – e la cui presenza non sia strettamente necessaria per lo svolgimento delle operazioni di servizio, creerebbe unicamente un disservizio e un ingiustificato ritardo nello svolgimento delle operazioni, palesemente contrario ai principi di efficienza ed efficacia dell’azione amministrativa”. Per la Questura di Milano, la partecipazione dell’avvocato al procedimento amministrativo sarebbe “garantita” dalla “possibilità di scrivere alla PEC dell’Ufficio, per trasmettere documenti, richiedere l’accesso agli atti del procedimento, informarsi sullo stato della pratica”. 

Solo in seguito a riesame ex art. 5 co.7 D. lgs. 33/2013, la Questura ha altresì trasmesso la circolare dell’11 maggio 2016, nella quale è possibile leggere che “non è prevista la fissazione di appuntamenti o l’accesso ai legali e ai cointeressati per la discussione, la presentazione o la valutazione preventiva di istanze di rilascio/rinnovo di permessi di soggiorno ed altro, tra cui la presentazione di richieste di protezione internazionale, per le quali la normativa vigente (Decreto legislativo n. 25 del 28 gennaio 2008) definisce espressamente l’ambito di applicazione dell’assistenza e della rappresentanza dei legali. […] Le operazioni propedeutiche al rilascio del titolo (identificazione mediante fotosegnalamento, integrazione documentale, compilazione di modulistica) non necessitano né prevedono l’assistenza di un legale che, pertanto, non ha titolo di rivendicare alcun diritto di presenziare alla trattazione dell’istanza”. Nonostante la Questura sostenga che il provvedimento possa “considerarsi superato”, nel proprio riscontro ribadisce più volte che la presenza dellз legali durante lo svolgimento delle operazioni propedeutiche alla formalizzazione dell’istanza e/o al rilascio del titolo non sia necessaria e che il divieto di accesso rientri in una nuova regolamentazione che “non deriva dall’atto menzionato, ma dalle successive disposizioni adottate dall’attuale Dirigenza, sulla base delle ragioni già indicate nella nota del 19.04.2024”. 

Il divieto di accesso allз avvocatз, corrispondente di fatto all’impossibilità per le persone straniere di farsi assistere nel corso delle procedure amministrative volte al rilascio e rinnovo del permesso di soggiorno, si pone in contrasto con norme di carattere interno e sovranazionale.

Come noto, l’art. 2 co. 5 del d.lgs 286/1998 prescrive che “allo straniero è riconosciuta parità di trattamento con il cittadino relativamente alla tutela giurisdizionale dei diritti e degli interessi legittimi, nei rapporti con la pubblica amministrazione e nell’accesso ai pubblici servizi, nei limiti e nei modi previsti dalla legge”. La legge n. 247/2012 prevede, all’art. 2, che la funzione dellǝ avvocatǝ sia quella di garantire l’effettività della tutela dei diritti: una funzione che può rivelarsi fondamentale nel caso dell’accesso al procedimento amministrativo della persona straniera nei cui confronti spesso alle difficoltà comunemente legate alla comprensione e alla fruibilità dei processi burocratici, si aggiunge la barriera della lingua o barriere culturali e sociali.

Con particolare riferimento ai richiedenti asilo l’illegittimità del divieto appare ancora più evidente alla luce della Direttiva 2013/32/UE, con la quale all’art. 20 è chiarito che “gli Stati membri garantiscono che l’assistenza e la rappresentanza legali non siano oggetto di restrizioni arbitrarie e che non sia ostacolato l’accesso effettivo del richiedente alla giustizia”. Questa garanzia viene meglio specificata al successivo art. 22, con cui si prevede che alle persone richiedenti asilo “è data la possibilità di consultare, a loro spese, in maniera effettiva un avvocato o altro consulente legale, ammesso o autorizzato a norma del diritto nazionale, sugli aspetti relativi alla domanda di protezione internazionale, in ciascuna fase della procedura”. Inoltre il D.Lgs. 25/2008 richiamato – erroneamente – dalla Questura nella circolare prevede che chi richiede protezione internazionale possa “farsi assistere, a proprie spese, da un avvocato”. Tale forma di assistenza – come ASGI ha ribadito più volte – si riferisce necessariamente alle fasi del procedimento amministrativo volto al riconoscimento della protezione internazionale, poiché proprio al successivo comma 2 è esplicitamente garantita l’assistenza in fase giudiziale, mentre all’art. 13 co. 4 quella in sede di audizione avanti la Commissione territoriale. 

Se si considera poi che alla luce delle recenti modifiche normative è possibile che contestualmente al provvedimento di rigetto di un’istanza di rilascio o rinnovo di permesso di soggiorno venga notificato alla persona straniera un provvedimento di espulsione, l’assistenza di unǝ legale è da considerarsi ancora più necessaria oltre che prescritta dall’articolo 13 della Direttiva 2008/115/CE del Parlamento UE e del Consiglio del 16 dicembre 2008 recante norme e procedure comuni applicabili negli Stati membri al rimpatrio di cittadinз di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare.

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