Dossier Covid-19: disponibilità a vaccinarsi di chi vive nei centri di accoglienza

Tipologia del contenuto:Pubblicazioni//Rapporti

Indagine condotta dal Tavolo Immigrazione e asilo e dal Tavolo immigrazione e salute di cui fa parte anche ASGI.

Secondo il “Dossier COVID-19. Indagine sulla disponibilità a vaccinarsi contro il COVID-19 da parte delle persone ospitate nei centri/strutture di accoglienza in Italia“, gli ospiti delle strutture dichiarano in netta maggioranza di essere a conoscenza della disponibilità di un vaccino per evitare di ammalarsi di COVID-19 (89,3%); tuttavia l’intenzione di farlo (compresi quelli che dichiarano di aver già effettuato la prenotazione o ricevuto il vaccino) si ferma al 40,9% degli intervistati. 

Dall’analisi emergono alcune piste di riflessione e intervento:

  • I pregiudizi rispetto al vaccino sono piuttosto trasversali a una serie di variabili, e attraversano caratteristiche come la durata del soggiorno in Italia, ovvero il livello di istruzione, senza particolari distinzioni. L’attitudine di adesione al vaccino è per certi versi polarizzata fra chi è appena (o quasi) arrivato e chi è da più tempo In Italia, così come c’è maggiore inclinazione fra chi ha un livello medio-basso di istruzione piuttosto che fra chi non ne ha nessuno e chi ha un’istruzione di livello secondario/universitario.Questo sembra attestare la duplice necessità di: semplificare e diffondere il più possibile una corretta informazione rivolta ai primi (senza alcun livello d’istruzione) e affinare gli strumenti informativi rivolti ai secondi (diplomati/laureati).

  • Una variabile significativa è quella rappresentata dalla provenienza geografica: c’è chiaramente più resistenza fra chi proviene dai paesi dell’Africa subsahariana (prevalentemente dalla Nigeria) – e questo è un dato che era stato già riportato dagli operatori della rete dell’accoglienza e che ha trovato conferma nelle interviste del presente monitoraggio – piuttosto che fra i cittadini asiatici (prevalentemente pakistani e del Bangladesh), che sono più inclini a farsi vaccinare.
    Si tratta di un dato importante, che richiede dunque un più mirato e meno generalizzato sforzo comunicativo, un linguaggio e strumenti specificamente rafforzati, attraverso l’ausilio della mediazione interculturale, in grado di veicolare meglio il messaggio dell’importanza del vaccino.

  • La mancanza di una campagna informativa specifica e mirata crea in generale, in tutto il campione indagato, una bassa propensione ad aderire all’eventuale offerta vaccinale e su questo, ad avviso delle scriventi organizzazioni, è necessario intervenire quanto prima, proprio per limitare i contagi, le sintomatologie gravi, le ospedalizzazioni, al fine di favorire per tutte le persone socialmente più fragili – italiane e straniere – l’acquisizione del grado di consapevolezza necessario ad accettare la vaccinazione come strumento di tutela della salute individuale e collettiva.

Photo by Towfiqu barbhuiya on Unsplash

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