Lo scorso luglio ASGI ha inviato al CERD (Comitato ONU per l’Eliminazione delle Discriminazioni Razziali) una segnalazione con la quale chiedeva al Comitato di raccomandare all’Italia di adottare provvedimenti per contrastare la profilazione razziale in maniera efficace. Il 31 agosto il CERD ha pubblicato le “concluding observations” con le quali accoglie tali richieste, evidenziando quindi interventi necessari che il governo italiano dovrà adottare per rispettare pienamente la Convenzione per l’Eliminazione delle Discriminazioni Razziali.
Sulla base dell’esperienza e degli approfondimenti giuridici elaborati da ASGI, in Italia non esiste un quadro giuridico che vieti e contrasti la profilazione etnica operata dalle forze dell’ordine; non sono inoltre riscontrabili dati sulle pratiche discriminatorie nei controlli di polizia ma vi sono diverse testimonianze di persone afrodiscendenti o comunque “razzializzate” che raccontano di averle subite. ASGI ha inoltre riscontrato come la prassi della profilazione nei controlli di polizia sia una prassi sistematicamente attuata nelle aree di frontiera, come evidenziato anche dalla rilevazione condotta presso la stazione ferroviaria di Ventimiglia.
Nella segnalazione inviata al CERD, ASGI aveva inoltre evidenziato la problematica relativa all’uso discriminatorio delle banche dati esistenti, quali per esempio AFIS (banca dati utilizzata dalle forze di polizia) e le limitate possibilità di intraprendere azioni di contenzioso per mancanza di rimedi legali effettivi contro la profilazione razziale.
Il CERD ha dunque innanzitutto raccomandato all’Italia di adottare, nel suo quadro giuridico antidiscriminatorio, un’esplicita definizione di discriminazione razziale, assicurandosi che tale definizione proibisca qualsiasi forma di discriminazione diretta, indiretta e intersezionale, sia in ambito pubblico che privato.
Il CERD ha poi formulato nello specifico le seguenti raccomandazioni in materia di profilazione razziale ed uso eccessivo della forza da parte delle forze dell’ordine, evidenziando come “il Comitato è preoccupato per le numerose segnalazioni sull’uso diffuso della profilazione razziale da parte delle forze dell’ordine nello Stato parte. Il Comitato nota con preoccupazione l’uso di sistemi di riconoscimento facciale da parte delle forze dell’ordine che possono colpire in modo sproporzionato alcuni gruppi etnici, come i Rom, i Sinti e i Camminanti, gli africani e le persone afrodiscendenti, così come gli immigrati, e che possono portare alla discriminazione razziale. Inoltre, il Comitato è preoccupato per le informazioni relative ad un elevato numero di casi di abusi razzisti e maltrattamenti, compreso l’uso eccessivo della forza contro le minoranze etniche, in particolare Rom, Sinti e Camminanti, africani, persone di origine africana e migranti, da parte delle forze dell’ordine (artt. 2 e 5).
Il Comitato ha di conseguenza e nello specifico raccomandato all’Italia di :
(a) Includere nella propria legislazione il divieto di profilazione razziale e prevedere chiare linee guida indirizzate alla polizia e agli altri funzionari delle forze dell’ordine volte a prevenire la profilazione razziale durante i controlli di polizia, i controlli di identità e altre misure di polizia;
(b) Adottare le misure necessarie per garantire la trasparenza nell’uso degli algoritmi di riconoscimento facciale e per garantire che il loro uso non comprometta il principio di non discriminazione e il diritto all’uguaglianza davanti alla legge;
(c) Istituire un meccanismo efficace per raccogliere e monitorare regolarmente dati disaggregati sulle pratiche e le denunce relative alla profilazione razziale, alla discriminazione razziale e ai casi di violenza razzista da parte delle forze dell’ordine, anche nel contesto dei controlli di identità, dei controlli stradali e delle perquisizioni alle frontiere;
(d) Indagare efficacemente e tempestivamente su tutti gli episodi di profilazione razziale, abusi razzisti, maltrattamenti e uso eccessivo della forza da parte delle forze dell’ordine e garantire che i responsabili siano perseguiti e, se condannati, puniti con sanzioni adeguate;
(e) Garantire che i membri dei gruppi colpiti dal razzismo e dalla discriminazione razziale, che sono vittime di un uso eccessivo della forza o di profilazione razziale da parte delle forze dell’ordine, abbiano accesso a rimedi efficaci e a un risarcimento adeguato e non subiscano ritorsioni per aver denunciato tali atti;
(f) Promuovere la diversità etnica all’interno della polizia e garantire che gli agenti di polizia appartenenti a gruppi minoritari possano lavorare in prima linea per contribuire a ridurre il razzismo e le pratiche discriminatorie, compresa la profilazione razziale;
(g) Adottare misure efficaci per prevenire l’uso eccessivo della forza, i maltrattamenti e l’abuso di potere da parte della polizia nei confronti dei membri di gruppi minoritari, anche assicurando che i funzionari delle forze dell’ordine ricevano una formazione adeguata in materia di diritti umani in tutto il Paese, in conformità con la Raccomandazione Generale n. 13 del Comitato (1993) relativa alla formazione dei funzionari delle forze dell’ordine in materia di protezione dei diritti umani.
Il Comitato si è inoltre detto allarmato dal fatto che politici e funzionari governativi di alto livello usino discorsi d’odio e discorsi politici razzisti contro le minoranze etniche, in particolare Rom, Sinti e Camminanti, africani e persone afro discendenti nei media e sul web. Il Comitato ha esortato l’Italia ad applicare efficacemente la propria legislazione per combattere i discorsi d’odio e l’incitamento alla discriminazione razziale e ad assicurare che tutti i discorsi d’odio e i crimini a sfondo razziale siano effettivamente indagati e che i colpevoli siano puniti, indipendentemente dal loro status.
ASGI esprime grande soddisfazione per il risultato: occorre adesso che il Governo e il Parlamento si facciano promotori di una normativa specifica o che implementino quella esistente tenendo conto di tali raccomandazioni.