La corte d’appello di Milano ha dichiarato discriminatorio il comportamento di una azienda di ricerca del personale che, dovendo selezionare ragazze addette al volantinaggio per una fiera di scarpe a Milano di due giorni, aveva rifiutato di inserire nella selezione una lavoratrice italiana di origine egiziana e di fede musulmana a causa del suo rifiuto di togliere il velo.
La società si era difesa rivendicando il diritto di selezionare le lavoratrici sulla base di esigenze estetiche e di immagine affermando che “i clienti non sarebbero mai stati così flessibili“.
La difesa della lavoratrice affermava, invece, che quando un requisito coinvolge il fattore religioso gode di una particolare tutela : può essere inserito dell’azienda come condizione di assunzione solo quando sia essenziale alla prestazione lavorativa e il sacrificio imposto alla lavoratrice sia proporzionato all’interesse perseguito dall’azienda.
La Corte ha accolto le tesi della difesa della lavoratrice e ha dichiarato discriminatoria la scelta della società di non far partecipare la lavoratrice alla selezione soltanto a causa del suo rifiuto di togliere il velo.Essa ha anche condannato l’azienda al risarcimento del danno non patrimoniale in misura di € 500.
“E’ una sentenza molto importante” dichiara l’avvocato Alberto Guariso dell’ASGI che ha assistito la lavoratrice, “perché riconosce che il diritto all’identità religiosa è un elemento essenziale delle società democratiche e deve sempre essere garantito anche quando comporta un sacrificio di altre esigenze del datore di lavoro non altrettanto rilevanti, come quelle estetiche“.