Il 13 ottobre il Tribunale di Napoli ha condannato il comandante di una nave privata, la Asso 28 della compagnia Augusta Offshore, per aver ricondotto in Libia oltre cento persone soccorse in mare.
La sentenza è storica perché per la prima volta il capitano di un’imbarcazione privata viene condannato per aver eseguito un respingimento di cittadini stranieri verso la Libia, dove, come noto, i migranti subiscono abusi, maltrattamenti, torture e sono esposti al rischio per la propria vita. In questo modo è stato colpito un tassello fondamentale della strategia di blocco degli arrivi dalla Libia e di delega del controllo delle frontiere da parte delle autorità italiane.
L’evento risale al 30 luglio 2018, quando il rimorchiatore, che operava per conto della Mellitah Oil & Gas, intercettò un gommone con a bordo oltre 100 persone e, dopo aver informato dell’avvistamento la piattaforma petrolifera Sabratah, per la quale lavorava, venne istruito dalla piattaforma di intercettare il gommone per evitare, per motivi di sicurezza, che vi si avvicinasse. In seguito, l’Asso 28 si accostò alla piattaforma per prendere a bordo un ufficiale di dogana libico che, da quel momento in avanti, condusse le operazioni di soccorso e di riconduzione in Libia delle persone in fuga.
Le motivazioni saranno disponibili tra tre mesi, oggi sappiamo che il Tribunale ha ritenuto che la condotta del capitano integri i reati di “sbarco e abbandono arbitrario di persone”, di cui all’art. 1155 del codice di navigazione, e di “abbandono di minore” di cui all’art. 591 del codice penale.
ASGI, che si è costituita parte civile nel processo con gli avvocati Piergiorgio Weiss ed Ettore Zanoni, si augura che questa sentenza abbia un effetto dirompente sulle prassi di respingimento nel Mediterraneo centrale. Le premesse perché sia così ci sono: sono numerose le imbarcazioni private, che spesso operano per società italiane in quel tratto di mare, che eseguono, coordinate dalle autorità libiche e italiane, respingimenti verso la Libia. Finora queste prassi hanno goduto di una sostanziale impunità e per questo motivo sono state adottate in maniera sistematica dalle autorità italiane per impedire ai migranti di raggiungere le coste italiane senza assumere le conseguenze di una condotta manifestamente illegittima. Questa condanna ricorda che nessun capitano è esentato dal rispetto del diritto internazionale ed in particolare dalla necessità che i naufraghi siano condotti in un porto sicuro quale non è la Libia.
Auspichiamo che questa condanna costituisca un importante precedente anche rispetto al respingimento verso la Libia di circa 150 persone, avvenuto nel luglio del 2018, ad opera della Asso 29, della medesima società Augusta Offshore. In questo caso, il respingimento era stato coordinato dalle autorità italiane di stanza a Tripoli coadiuvate dalle autorità libiche. Nel febbraio del 2021, cinque cittadini eritrei, con il sostegno delle associazioni ASGI e Amnesty International Italia, hanno avviato un giudizio nei confronti delle autorità italiane, dell’Augusta Offshore e del comandante della nave Asso Ventinove chiedendo che venga dichiarato illegittimo il respingimento operato nei loro confronti, che li ha esposti a mesi di detenzione arbitraria e violenze in violazione, fra gli altri, del loro diritto di asilo. La prima udienza di trattazione è fissata per il 7 dicembre 2021 e si attende con interesse l’esito di questo ulteriore processo.
Per approfondire
Sullo stesso argomento
Asso 28, perché il respingimento in Libia dei migranti viola le convenzioni internazionali – Fan Page
Società private e governo italiano portate a processo per i respingimenti in Libia – Vita
Adesso dormite: storia di un respingimento italiano in Libia – Mediterranean Rescue