L’ASGI indica alcune indispensabili iniziative per agevolare la protezione della popolazione civile in Afghanistan.
L’attuale drammatica situazione in Afghanistan, cui stiamo assistendo inerti da oramai troppo tempo, deve spingere l’Italia e l’Unione europea a fare tutto il possibile per evacuare la popolazione locale che ritenga non ulteriormente sopportabile lo stato di privazione dei diritti e delle libertà democratiche.
Tale piano di evacuazione dovrebbe tenere in considerazione innanzitutto le esigenze delle categorie maggiormente bisognose e vulnerabili in questo momento, ovvero almeno donne, minori di età, persone anziane, appartenenti a gruppi e comunità, religioni, posizioni politiche ed etnie che non si riconoscono nell’annunciato nuovo governo, ex collaboratori a qualsiasi titolo del personale civile e militare straniero sino ad ora presente a diverso titolo in Afghanistan.
Inoltre, deve essere immediatamente garantita l’evacuazione di tutti coloro che erano in attesa di partire a seguito di autorizzazione per ricongiungimento familiare e sono ora impossibilitati a farlo.
Considerata la situazione eccezionale in atto, tuttavia, deve essere presa ogni opportuna iniziativa rivolta a garantire l’ingresso in Europa ed in Italia ai cittadini afghani attualmente in patria ovvero all’estero.
Essendo di fatto impossibile il rilascio di visti di ingresso da parte della autorità consolari europee in Afghanistan è, dunque, necessario modificare gli allegati al Reg. (CE) 15/03/2001 n. 539/2001 (o sospenderne temporaneamente gli effetti) e così prevedere la possibilità di ingresso in Europa in esenzione di specifico visto per i cittadini afghani.
L’Italia, anche tenuto conto del ruolo assunto dalle proprie forze militari nel corso degli ultimi venti anni in Afghanistan, ha il dovere di garantire o, comunque, agevolare in ogni modo l’ingresso tramite le proprie frontiere marittime, aeree e terrestri dei cittadini afghani che ivi si presentino anche in esenzione di visto e fornire loro tutte le informazioni utili affinché gli stessi possano accedere alla richiesta di protezione internazionale. E’ difatti di palmare evidenza il diritto di tutti costoro al riconoscimento del diritto di asilo che la Costituzione italiana riconosce quale diritto fondamentale ai sensi dell’art. 10, co. 3.
Devono almeno essere immediatamente trasferite alle rappresentanze consolari italiane nei Paesi limitrofi (insieme agli altri servizi consolari) anche le competenze relative al rilascio di visti di ingresso per i cittadini afghani, in particolare quelli per ricongiungimento familiare o comunque il rilascio di visti umanitari, garantendo procedure rapide e semplificate che non tengano conto del mancato soggiorno regolare del richiedente nel Paese in cui la rappresentanza consolare è situata. Occorre infatti tenere conto del fatto che, in ragione dell’emergenza epidemiologica e dei connessi ritardi dell’Ambasciata italiana a Kabul, molte pratiche di ricongiungimento di familiari di cittadini afghani soggiornanti in Italia risultano a tutt’oggi bloccate.
Allo stesso modo occorrerà tenere conto e facilitare il reingresso di cittadini afghani titolari di un permesso di soggiorno italiano che, per varie ragioni, risultano essere bloccati in Afghanistan.
E’ poi indispensabile che, facendo uso di tutti gli strumenti normativi attualmente a disposizione, i cittadini afghani comunque presenti in Italia ed in Europa possano accedere con immediatezza alla procedura per il riconoscimento della protezione internazionale e ad un titolo di soggiorno che garantisca loro e, per quanto possibile, i propri familiari attualmente in Afghanistan una adeguata tutela. Nei confronti di costoro è opportuno che, attraverso un esame prioritario ai sensi art. 28, co. 2, lett. a) d.lgs. 25/2008, le commissioni territoriali riconoscano una delle due forme di protezione internazionale previste dall’ordinamento giuridico e che ciò avvenga – ove possibile – omettendo il colloquio personale con il richiedente, ai sensi dell’art. 12, co. 2 e 2 bis, d.lgs. 25/2008.
Solamente nel caso in cui motivi concreti e tassativamente previsti dalla legge ostino al riconoscimento della protezione internazionale dovrà, comunque, essere rilasciato a tutte le persone di nazionalità afghana che ne facciano richiesta un permesso di soggiorno a titolo di protezione speciale, ai sensi degli artt. 5 e 19, d.lgs. 286/98.
Considerate le differenti politiche di rimpatrio da parte degli Stati membri dell’Unione europea nei confronti dei cittadini afghani richiedenti protezione internazionale la cui domanda sia stata rigettata, costituisce quindi precauzione indifferibile quella volta a sospendere i trasferimenti dall’Italia verso altri Stati membri di cittadini afghani destinatari di un provvedimento di trasferimento ai sensi del Regolamento (UE) n. 604/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013 (cd. Regolamento Dublino III) garantendo l’assunzione della competenza da parte dell’Italia all’esame della domanda di protezione internazionale.
Occorre altresì porre fine alle prassi illegittime di respingimento verso Paesi che non garantiscono il diritto di asilo e un’adeguata tutela dei diritti umani, nonché contrastare l’implementazione di accordi di riammissione e/o finalizzati a trasferire forzatamente i cittadini afghani in Paesi terzi considerati sicuri.
Ogni ulteriore iniziativa volta al supporto della popolazione afghana in Europa, all’estero ed in patria, che non contempli azioni militari ed in continuità con l’occupazione, deve essere presa in considerazione.
Associazione per gli Studi Giuridici sull’Immigrazione (ASGI)
Al fine di attuare tempestivamente un’evacuazione efficace, abbiamo inviato due note con le nostre proposte ai membri del governo coinvolti e all’UNHCR:
- Nella lettera inviata il 25 agosto 2021 al Presidente del Consiglio, al Ministro e Vice Ministra degli Affari Esteri, al Sottosegretario di Stato, alla segretaria generale MAECI e al Direttore Generale per gli italiani all’estero e le politiche migratorie, oltre a rimandare alle nostre raccomandazioni, chiediamo indicazioni e chiarimenti riguardo la procedura di ingresso di cui abbiamo appreso solo tramite canali informali e quotidiani.
- Abbiamo scritto anche all’UNHCR il 23 agosto 2021 affinché, oltre a prendere posizione sui ritorni forzati in Afghanistan e sul principio di non-refoulement, venga anche presa posizione sui tanti cittadini afgani bloccati in Turchia e lungo la rotta balcanica, respinti ai confini Europei, e sui ricongiungimenti familiari. Siamo inoltre preoccupati per la decisione presa da alcuni Stati Membri di sospendere le procedure di asilo dei cittadini afgani: non solo lascerebbe le persone in uno status incerto che aggraverebbe ulteriormente la loro salute psicofisica, ma siamo anche convinti che i drammatici eventi delle scorse settimane siano da ritenersi sufficienti per garantire il riconoscimento dello status di rifugiato. Richiediamo anche che l’UNCHR si esprima negativamente rispetto alle politiche di esternalizzazione dei confini e a ogni patto che possa portare al rimpatrio di cittadini afgani in paesi considerati sicuri, quali Iran, Pakistan e Turchia. È necessario inoltre muoversi preventivamente davanti alla possibilità di nuove importanti flussi migratori in Grecia per essere pronti a traferire le persone in luoghi di accoglienza adeguati.